Loading...
Cerca

Blog

Ora Napoleone morirà, io morirò. Ma voi che sopravvivrete saprete che una grande storia qui è avvenuta ed è una storia che durerà per secoli.

Nella splendida cornice dell’Oratorio di Santa Caterina di Cervo (Im) è stato presentato, ieri 03 febbraio 2023, il libro Candore Immortale del critico d’arte Luca Nannipieri, edito da Rizzoli.

Una conferenza interessante e ricca di contenuto nella quale sono emerse la storia del “gigante” per eccellenza del settore museale, il Louvre di Parigi, nonché della figura, protagonista del libro in questione – come attesta il dettaglio di Amore e Psiche nell’immagine di copertina – del celebre Antonio Canova e del suo rapporto con Napoleone Bonaparte.

Canova, importante artista in ambito neoclassico, viene definito il primo monument man della storia, in quanto non è più il “semplice, se pur centrale protagonista del Neoclassicismo, ma è l’uomo che ha cambiato la storia dell’arte da un punto di vista di conservazione e catalogazione”.

Ora a spiccare è di fatto la “sua azione interventista”, per ciò che concerne il recupero di un vero e proprio patrimonio artistico italiano che egli, da buon ispettore delle antichità e delle arti di Roma dal 1802, ha avviato riottenendo tutte quelle opere che, tramite eventi di razzia e di saccheggio attuati dall’immortale Bonaparte, avevano abbandonato l’Italia a partire dal 1796 per raggiungere l’allora palazzo reale napoleonico, oggi conosciuto come Museo del Louvre. 

Monumentale è dunque l’immagine di un uomo che ha cambiato la storia dell’arte, ma si direbbe anche dell’intera umanità. Una definizione davvero superlativa, non solo perché le opere in questione sono bellezze artistiche mondiali – ad esempio i gruppi scultorei di Laooconte e dell’Apollo del Belvedere o la Trasfigurazione di Raffaello – , ma soprattutto perché emerge un aspetto che ad oggi sembrerebbe scontato, ma che non lo era per l’epoca: l’idea di un’arte libera, non più sottoposta a saccheggi, spoliazioni e furti.

Un Canova dunque, recuperatore dei nostri tesori italiani, nonché importante influencer ottocentesco per le sue abilità di “ambasciatore e imballatore” e di “uomo giusto”.

E poi, degni di nota, nella stimolante conferenza, sono i riferimenti alle importanti opere canoviane, tra le quali Amore e Psiche, in entrambe le versioni. A tal proposito interessante è notare la capacità dello scultore neoclassico di andare oltre lo stereotipo e di esprimere una visione della donna differente.

Nella seconda versione di Amore e Psiche infatti, non è l’uomo il protagonista dell’opera, ma lei, Psiche. Giovane donna sulla quale Amore, rappresentato come un semplice e giovane ragazzo, si adagia offrendo in tal modo una versione canoviana chiara e consapevole del ruolo femminile che non è quello di “donna sottomessa”, ma di “donna che sostiene e dà forza”, caratterizzata per naturale propensione di un tale potere, e che con grazia ed eleganza offre se stessa al suo amore. Un elemento non da poco e per altro già presente nell’Antico Egitto e in alcuni miti classici, di certo conosciuti dal Canova, nell’epoca del recupero degli ideali antichi, il Neoclassicismo.

Candore dunque inteso come purezza di un marmo dolce e avvolgente, nel quale però, dalla lettura dell’avvincente romanzo, si nasconde una realtà passionale, fatta di violenza, gelosia e sentimenti; e Immortale perché racchiude l’eccezionale impresa di un semplice uomo nato a Possagno (Tv), che tanto ha fatto per la nostra importante opera di catalogazione artistica.

Sono infatti, come attesta l’appendice del libro di Nannipieri, oltre trecento “le opere che sono state requisite da Napoleone e portate a Parigi, e dopo, grazie ad Antonio Canova, riportate in Italia o nelle collezioni vaticane”.

Stimolante è stata poi, a completamento della presentazione, la lettura da buoni critici d’arte, di tre opere scultoree di Piter Wolf, esposte e descritte da Nannipieri e Pierluigi Luise. Opere contemporanee realizzate in resina che ricordano per certi aspetti l’etrusca Ombra della sera e le statue di Giacometti e dalle quali viene fuori un concetto dell’umano non più prettamente fisico, ma animico.

L’anima è infatti protagonista, così come lo sono le emozioni e tutto ciò che aleggia all’interno dell’involucro che è il corpo, per l’appunto sproporzionato e filiforme, in contrapposizione alle perfette opere di Canova.

Un’ottima iniziativa, organizzata dall’Associazione culturale Number 27, fondata nel settembre 2021 e composta da Marina Cavalleri, presidente, dal critico d’arte e curatore Pierluigi Luise e dal cantautore Simone Alessio in arte Garibaldi.

Evento unico che si ripeterà oggi 04 febbraio 2023 alle 17.30 presso la Biblioteca comunale di Alassio (Sv) e nel quale verranno esposte, a coronamento della presentazione di Nannipieri, le opere di stampo impressionista di Remo Castiglioni.

Maria Pettinato

Dimenticanza è sciagura, mentre memoria è riscatto.

Anneliese Knoop-Graf

27 gennaio 2023. La Giornata della Memoria. Data importante, fondamentale. Si dice che serva a non dimenticare, a non ricadere negli stessi errori. Si dice che loro avrebbero voluto così. Loro, le vittime, quelle che oggi però, il 27 gennaio 2023, vengono perseguitate da gruppi di estrema destra, sostenitori di un sistema che tanto ci è voluto per eliminare.

Ebbene sì, suscita scalpore eh? Amarezza? Tristezza, forse è il termine adatto. Ancora di più quando accendi la radio e ascolti la notizia del giorno: Rita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, è costretta, oggi, il 27 gennaio 2023, a utilizzare la scorta perché vittima di minacce razziste.

Data importante, la Giornata della Memoria. Un avvenimento mondiale, se ne parla a scuola, il Presidente della Repubblica detiene il suo discorso, in tv passano film, documentari, immagini in bianco e nero. Immagini vere. Nulla è finto, nulla è censurato. Ma a cosa serve? A non dimenticare. “Ti presento la realtà così com’è, così da non ricascare più negli stessi errori” si era detto. Un avvenimento, il 27 gennaio, così importante, da essere paragonato ad una festa ecclesiastica, alla Pasqua ad esempio, o alle feste nazionali, al 25 aprile (che si potrebbe aprire un ulteriore parentesi infinita anche su tale evento!), al primo maggio.

Premessa scontata? Ovviamente dovrebbe esserlo, ormai nel 2023. E invece, ahimè, purtroppo così non è. E non solo perché manca una conoscenza di fondo a riguardo, ma perché di fronte a discorsi, carrellate di immagini, articoli, parole, parole e parole, ci si trova davanti un’indifferenza generale, un’espressione quasi inebetita, quasi da far star male.

Quell’atteggiamento di fronte al quale avevamo promesso che mai, e poi mai, ci saremmo cascati si sta facendo strada, di nuovo. Tra i giovani e non solo, tra i banchi di scuola, per le strade, in quei bar che una volta erano i luoghi di scambio, posti di comunicazione, di discussione e di lettura del giornale. Ora si corre, non si parla più, è tutto dannatamente superficiale.

Ci siamo cascati di nuovo? Sta accadendo? La promessa della memoria sta lasciando il posto all’indifferenza? Ancora oggi, proprio oggi, il terzo millennio? L’epoca in cui gli ultimi sopravvissuti stanno giungendo al termine in un Paese, l’Italia culturale – come ci piace tanto e orgogliosamente decantare – , nel quale si è di nuovo minacciati.

Oggi si sentono di nuovo le stesse espressioni di un tempo: “non voglio vedere, non ne voglio parlare, è troppo triste, è troppo sconvolgente“. Chiudiamo gli occhi. Proprio oggi che si parla di guerra, e di nuovo di diversità, di propaganda, di razza e di mediocrità. Caratteristiche amare che riportano alla mente un’epoca non troppo lontana in cui gli stessi giovani, trascinati dalle mode del proprio presente, rispondevano che “non volevano vedere e non ne volevano parlare“.

Ma perché sta succedendo? Perché la storia si sta spegnendo? Perché, oggi, nel millennio del progresso, in cui chiunque ha libertà di informazione, chi tanto ha sofferto non merita la degna memoria?

Ricordo quelle lettere tanto lette con commozione e studiate all’Università, quei volti che, guardando la telecamera del documentarista, con rabbia e ancora gli occhi spaventati, chiedevano di non dimenticare e di quanto fosse di vitale importanza per coloro che non ce l’avevano fatta, il non essere cancellati dalla storia: la comunicazione attraverso la scrittura e la trasmissione orale dicevano.

Ricordo che mostravano quel tatuaggio, un marchio lo definivano, e singhiozzando dicevano che erano numeri, nient’altro che cifre. Raccontavano con voce tremante. La cosa faceva male, ma serviva, perché non bisognava dimenticare. Era la loro rivincita, una vittoria. La radio di Praga annunciava uno per uno i nomi delle vittime della Shoah, il silenzio di Auschwitz urlava più che mille persone tutte insieme, i volti inespressivi raccontavano più di cento testimonianze. Ecco cos’è la Giornata della Memoria. Parlare, testimoniare, raccontare.

Credo che mai come oggi, la Giornata della Memoria, debba essere vissuta, studiata, comunicata. Credo che mai come oggi, a scuola, se ne debba parlare. Credo che mai come oggi, con una guerra per il potere alle porte di casa nostra, sia importante sottolineare i concetti di libertà, uguaglianza e incoraggiare le nuove generazioni e quelle a seguire, a non ascoltare commenti retrogradi e sbagliati. A non uniformarsi ad essi, a ragionare con la propria mente, ad istruirsi e a mettere in pratica ciò che hanno appreso.

Oggi, mai come oggi, è importante RICORDARE.

Maria Pettinato

Amazon.it: Yemen l'eterno. Un viaggio emozionale nella vita e nella storia  - Boffo, Mario - Libri

Questa donna piange…

questa donna raccoglie la legna…

questa donna cammina…

Nessuno sa

che facesse questa donna

prima di divenire un albero…

Sawssan Al Ariqi

Esistono luoghi così eterei, così ricchi di intensi e profondi sentimenti che raramente scompaiono dalla memoria di chi li ha vissuti. Sono i Paesi della memoria, delle emozioni, delle tradizioni, di tutte quelle storie e leggende che sono state raccontate e che mai scompariranno dalla mente di chi le ha ascoltate.

Uno di questi paesi è sicuramente lo Yemen, un luogo poco conosciuto, ma impeccabilmente raccontato nel libro Yemen l’eterno. Un viaggio emozionale nella vita e nella storia (Stampa Alternativa, 2019), scritto da Mario Boffo, ambasciatore d’Italia nel luogo eterno dal 2005 al 2010 e autore del romanzo Femmina strega (Stampa Alternativa, 2017).

Attraverso una scrittura lineare, scorrevole e si direbbe emozionale, Boffo è riuscito a descrivere questo luogo con estrema enfasi raccontando gli aspetti antropologici di un Paese ricco di passione e tradizione e che, ahimè, sono ad oggi oscurati da una storia triste e a dir poco amara, la guerra civile che aleggia da ormai sei anni.

Pace in Yemen. Si può fare - The Science of Where

Ed ecco che lo Yemen, “il luogo dello spirito”, come viene definito dall’autore, è raccontato in tutti i suoi aspetti come se fosse il diario degli intensi cinque anni lì trascorsi. Suddiviso in cinque parti, La città eterna, Il Paese di Bilqis, Lo Yemen e l’Italia, Epilogo e Luoghi-Persone, Boffo ne offre una panoramica completa.

Le prime parti offrono la descrizione di ciò che è lo Yemen nella sua parte più profonda, caratterizzata da racconti e tradizioni dello splendido popolo yemenita. Emergono aneddoti, figure, modi di pensare diversi, ma tutti uniti da un elemento comune: la fierezza di essere yemenita.

Sono Saleh, il guardiano delle stelle, pellegrino alla Mecca, rispettoso dell’identità del suo popolo, o Abdallah, il cantore dei matrimoni, dalla voce calda e suadente, ma anche le Nere presenze, donne yemenite coperte interamente da una tunica nera, alcuni dei protagonisti di un racconto quasi mistico, quasi favola si direbbe da quanto è travolgente.

Un quadro dettagliato riguarda poi i rapporti che lo Yemen ha da sempre con l’Italia, fortemente rispettata e apprezzata dal popolo yemenita. Aspetti diplomatici e di amicizia emergono infatti in questa penultima parte.

Ma il capitolo che più di tutti a mio avviso comunica nel profondo l’identità di questo Paese è decisamente quello ornato dalle immagini di paesaggi naturali e architettonici, e di persone, di volti e di sguardi.

Yemen, la bellezza avvilita - La Stampa

Le fotografie che decorano il libro riescono a comunicare qualcosa di davvero intenso. Gli occhi luccicano, emozionati perché sono ammirati e immortalati, così come i sorrisi dai quali traspaiono felicità e orgoglio.

La cultura dello sguardo si direbbe viene fuori mediante la bellezza di queste immagini, come la mia preferita, quella della bambina che orgogliosa guarda verso la macchina fotografica. I suoi occhi sono così puri e profondi da emozionare chi li guarda, un osservatore forse inconsapevole di ciò che lì, in quel luogo così apparentemente lontano dal nostro, avviene quotidianamente.

Yemen, la bellezza avvilita - La Stampa

E poi la cultura della poesia, della volontà di scrivere ciò che si vive, ma soprattutto ciò che si sente. Anche quella viene comunicata nelle pagine di questo libro, così toccante da spingere il lettore ad assaporare con lentezza le pagine che lo compongono.

Immagini e parole che fanno riflettere su ciò che sta accadendo oggi nel “luogo dello spirito”, e proprio su quegli occhi e sui quei sorrisi che, magari, nonostante tutto, stanno continuando a brillare nella speranza di un futuro diverso e migliore.

Maria Pettinato

Rissa in galleria di Umberto Boccioni

Umberto Boccioni è stato uno dei principali artisti ed esponenti del Futurismo assieme al gruppo costituito da Filippo Tommaso Marinetti e Carlo Carrà. Un movimento il loro che ha coinvolto qualsiasi forma artistica e si direbbe lo stile di vita generale nell’Italia del XX secolo.

Uno dei dipinti più famosi di Boccioni è Rissa in galleria, realizzato nel 1910 e attualmente esposto alla Pinacoteca di Brera di Milano.

E come un degno quadro futurista è ricco di tensione.

In primo piano emerge la folla di persone che si accalca di fronte ad una caffetteria milanese situata in Galleria Vittorio Emanuele, per assistere ad una rissa tra due donne. In secondo piano invece protagonista è il paesaggio cittadino fatto di illuminazione artificiale data dai lampioni, capace di offrire all’osservatore uno scorcio storico importante, come quello sulla Belle Epoque.

A completare l’atmosfera di energia ci pensano i colori caldi che rendono il dipinto ancora più suggestivo e ricco di passione, così come è ricco di velocità, movimento e modernità. Tutte caratteristiche tipiche del movimento.

Corbella Riccardo, 1 B Classico

Phoebe Waller-Bridge Stars in Harry Styles' New “Treat People With Kindness”  Video: Watch | Pitchfork

Il testo della canzone Treat people with kindness (Tratta le persone con gentilezza), è un invito a comportarsi con gli altri in maniera gentile e ad accettarsi per come si è.

Harry Styles, autore della canzone, negli ultimi anni si è impegnato a portare avanti una lunga battaglia contro fenomeni come la mascolinità tossica, indossando abiti femminili, dimostrando di sentirsi bene e a suo agio con quest’ultimi.

Ogni giorno cerca di dimostrare come il modo di vestirci non determina la persona che si è e che si può essere uomini anche avendo uno stile più vicino al femminile. I fan sono rimasti molto colpiti dal video di Treat People With Kindness, soprattutto per il significato che ha e per il messaggio che vuole trasmettere. Nella clip, infatti, vengono ribaltati gli stereotipi di genere.

Un esempio? È Phoebe Waller-Bridge, famosa attrice britannica a tenere Harry durante il casquè, cosa molto insolita nella danza, dato che solitamente è l’uomo a sorreggere la donna. Approfondiamo però più attentamente questa cosa: nel video musicale della canzone, al minuto 2.16, Harry balla insieme a Phoebe, e poco prima di iniziare a ballare
entrambi si tolgono tutto ciò che li rende diversi, come ad esempio papillon e giacche.

Harry e Phoebe successivamente ballano in coppia, ma tutti e due fanno gli stessi movimenti, seguono la stessa coreografia, senza nessuna distinzione uomo-donna.

Con tutto questo Harry tiene a trasmettere un messaggio molto importante: i due che ballano sono la stessa persona, la parte femminile e quella maschile del cantante. Inoltre entrambi indossando pantaloni, camicia e maglioncino, ovvero abiti considerati maschili, ma sono presenti sui vestiti degli strass, che rendono il tutto anche più femminile.

Come abbiamo già detto, l’importantissimo messaggio che Harry tiene a trasmettere è stato molto apprezzato dalle fan, le quali associano al gesto una sensazione di felicità e di libertà indescrivibile.

Ovviamente la canzone ha anche un suo ritmo e un suo testo, a mio parere molto belli, ma più importante di tutti, è il sentimento di accettazione di noi stessi, di amore per quello che siamo e non di frustrazione per quel che non abbiamo.

La danza con la sua parte femminile, il sentirsi in pace con se stessi esprimono gli aspetti più armoniosi e gioiosi!

Per quanto riguarda invece la parte musicale, penso sia abbastanza evidente quanto Treat people with kindness sia
una canzone caratterizzata da una melodia molto allegra e ritmata, con un sottofondo strumentale e vocale che non passano inosservati.

Come possiamo intuire dal titolo, la canzone è un invito a trattare le persone con gentilezza, questa non è per Harry solo la frase con cui ha deciso di intitolare la canzone, ma proprio un suo motto, un invito che tiene a comunicare frequentemente anche sui social.

Marzorati Maria Chiara, Giacomelli Alessia, 1 B Classico

Sky ladder (scala celeste) è un film-documentario realizzato nel 2016 da Kevin Mac Donalds.

Il documentario tratta la storia della costruzione del progetto più importante dell’artista Cai Guo-Qiang: Sky ladder, ripercorrendo i momenti salienti della vita del maestro.. 

Il protagonista è nato l’8 dicembre 1957 in Cina, ma attualmente vive a New York. Negli anni Settanta, Cai, comincia ad esprimere il suo lato artistico tramite opere realizzate con la polvere da sparo abbandonando così i colori ad acqua e ad olio che adoperava prima. 

Una sua celebre mostra è La Nona Onda, chiamata così perché “la nona onda è l’ultima onda dello tsunami, la più pericolosa”.

Un’esposizione quest’ultima presentata come un grande evento pirotecnico, realizzato con polveri colorate biodegradabili. E’ un film degno di nota perché presenta allo spettatore un’arte innovativa e poco diffusa, tramite riprese sofisticate e ben realizzate. 

Si può cogliere la forte passione che Guo-Qiang ha sempre avuto nei confronti dell’arte durante tutto il corso della sua vita, attraverso il racconto di quest’ultima ben inserito all’interno del film.  

Sicuramente è un buon metodo per conoscere l’arte soprattutto in questo periodo storico che ne limita l’osservazione dal vivo.

Aldieri Valentina, Mattioli Eleonora, 1 B Classico

La Parola è Vibrazione. È Anima in movimento.

Ha una grande personalità e a seconda di chi la pronuncia, dal tono, dall’espressione crea un risultato diverso, provocando reazioni, sensazioni, sentimenti totalmente opposti.

Fin da piccoli, per prendere confidenza con Lei, ci siamo inventati mille giochi: all’asilo, a scuola, in macchina con i nostri genitori.

E quante volte a causa delle parole abbiamo pianto…

Prima di essere pronunciata Lei ha bisogno di essere analizzata, capita, altrimenti può tradirci.

È uno strumento importante e ha in dotazione il libretto delle istruzioni.

Esso deve essere letto attentamente per potere usare la Parola correttamente. Il libretto viene scritto con cura, da noi, quotidianamente, grazie alle nostre esperienze.

Man mano che passa il tempo ci troviamo con un grande dizionario ricco di significati importanti. Un dizionario che arricchisce la nostra vita e, se usato bene, può arricchire anche la vita degli altri.

Le parole che lo compongono sono scelte con cura, perché ci servono per comprendere e far comprendere. Per nutrire, fortificare, addolcire, alleggerire.

Anche tutto ciò che ci circonda è ricco di parole e significati.

Qualsiasi cosa cada sotto il nostro sguardo ci parla e ci apre ad una grande comunicazione. E proprio come per la parola verbale, per ognuno di noi l’interpretazione sarà diversa…

Nadia Forte

Banksy - Wikipedia

Banksy, artista e writer inglese dall’identità sconosciuta, ha raggiunto fama e notorietà negli ultimi anni come maggior esponente della Street Art grazie a opere di forte denuncia sociale e politica, dimostrando interesse in molteplici campi, da quello artistico a quello musicale raggiungendo quello cinematografico in qualità di regista.

Lo stile artistico di Banksy è finalizzato a trasmettere un messaggio satirico, spesso in contrasto alle convenzioni sociali in quanto, attraverso l’utilizzo della tecnica dello stencil, è riuscito e riesce a valorizzare numerosi edifici, mura o ponti di città di tutte le parti del mondo.

Tra le imprese più significative si ricorda la realizzazione di un murales a Gerusalemme raffigurante una colomba con un giubbotto antiproiettile nell’obiettivo di un mirino di un fucile. Il messaggio è chiaro: ribadire l’importanza di un dialogo pacifico tra le parti in conflitto perenne.

La volontà di Banksy è di rendere fruibile la sua arte alla collettività. Sceglie, dopo un attento e accurato controllo dei sopralluoghi, le superfici pubbliche visibili e difficilmente vende fotografie o riproduzioni dei suoi graffiti ai privati, anche se poi i proprietari degli edifici si affrettano a rimuovere i murales per poi venderli al miglior offerente.

La tecnica utilizzata, quella dello stencil, prevede un’attenta preparazione ma una realizzazione molto veloce, al riparo dalle forze dell’ordine.

Una delle opere più conosciute in tutto il mondo è Girl with balloon, nato come murales a Londra nel 2002 e poi staccato dal muro per essere venduto dal proprietario dell’edificio.

Banksy: the best paintings and the meaning of his art – Auralcrave

L’opera, uno stencil in bianco e nero con un palloncino colorato di rosso acceso, si limita a riprodurre una sagoma bidimensionale dipinta sul muro che coinvolge direttamente il passante, non solo per la qualità di realizzazione, ma anche perché la bambina poggia i suoi piedi a terra e si contrappone verticalmente all’orizzontalità della strada e del marciapiede.

Una riproduzione dell’opera Girl with balloon venne venduta dallo stesso Bansky ad un privato il quale, a sua volta, nel 2018, decise di metterla all’asta presso la famosa casa d’aste Sotheby’s.

Con sorpresa degli spettatori, allorché il banditore aggiudicò il quadro per una cifra di circa un milione e duecentomila dollari, improvvisamente dalla cornice inferiore l’immagine ha cominciato a scendere e a trasformarsi in tante striscioline sottili. 

Banksy ha progettato personalmente un congegno inserito nella cornice per distruggere l’immagine durante la vendita. Il congegno però, interrottosi a metà esecuzione, non ha distrutto interamente l’opera. Ancora non è chiara la presenza dell’artista durante l’asta.

Ciò che è certo è il video postato dall’autore sul sul suo profilo Instagram che mostra l’assemblaggio della cornice e l’inserimento all’interno della stessa di un tagliacarte.

Un video nel quale Banksy si limita a citare una frase di Picasso: «Ogni desiderio di distruzione è anche un desiderio di creazione».

Il misterioso writer britannico attraverso il video ha voluto quindi rimarcare le motivazioni della distruzione dell’opera che avrebbe dovuto essere un nuovo gesto di ribellione contro la commercializzazione dell’arte.

Un atto che in realtà ha creato una nuova opera. Il gesto eclatante ha difatti finito per accrescere il valore dell’opera che è stata ribattezzata Love is in the bin.

The satirical world of contemporary art – from Banksy to broadcasting |  Apollo Magazine

L’opera ci colpisce particolarmente per la genialità dell’autore che, attraverso l’alternanza di creazione e distruzione, rende perpetua la trasmissione del suo messaggio artistico incentrato sulla constatazione che l’amore, di qualsiasi tipo esso sia, non rimane mai sempre costante nella sua intensità, ma si evolve e cresce così come anche le persone maturano e cambiano.

Olivieri Tommaso, Bianchi Giuseppe, Russo Francesco, Vada Gael, 1 B Classico

Paterson - Film (2016) - MYmovies.it

Paterson è il dodicesimo lungometraggio diretto nel 2016 dal noto cineasta indipendente Jim Jarmusch.

Il film offre allo spettatore la rappresentazione di una settimana nella vita di Paterson (Adam Driver), un conducente di pullman che si diletta a scrivere poesie e vive in New Jersey, assieme alla moglie Laura e al cane Marvin.

Come è noto a chi conosce il suo stile, Jarmusch privilegia la rappresentazione di individui ai margini della società, alienati da una routine perennemente uguale a se stessa. In questo, Paterson si rivela esemplare.

Il lungometraggio mette in scena una quotidianità monotona, volutamente piatta, e la regia stessa sottolinea gli aspetti che rendono le giornate uguali tra loro. Da questo punto di vista, il film rifugge esplicitamente i concetti cardine della sceneggiatura: in Paterson non ci sono antagonisti, non c’è un obiettivo definito; c’è solo un protagonista che vive la sua normalità.

È lecito affermare, in effetti, che per quasi tutto il film, ad eccezione del finale, non succeda nulla che scuota la narrazione.

Agli occhi dello spettatore, l’unica nota stonata che turba l’equilibrio di Paterson è la moglie Laura (Golshifteh Farahani). Con lo scorrere dei minuti del film, la figura femminile appare lievemente enigmatica agli occhi di chi guarda.

Il personaggio sembra scritto appositamente per risultare fastidioso: pare non apprezzare gli sforzi del marito, che invece la idolatra, e tende a dimostrarsi superficiale se non addirittura lievemente egoista. La stessa resa visiva sembra corroborare questa sensazione: gli onnipresenti motivi in bianco e nero che accompagnano Laura, i suoi vestiti e gli ambienti in cui si muove, se ad una prima occhiata paiono curiosi non tardano però a risultare ridondanti, quasi stucchevoli.

Essa troverà comunque modo di redimersi sul finale del film, a seguito del trauma che scuote il quotidiano del protagonista. La donna, di fronte all’inconveniente, apparirà tutto d’un colpo fragile, tenera e premurosa, permettendo allo spettatore di trovare una giustificazione alla visione che il marito ha di lei.

La critica ha elogiato il film, arrivando a definirlo “un mite e sorprendente lavoro anti-drammatico per i fan del cinema indipendente” (Todd McCarthy, The Hollywood Reporter).

Il progetto è stato a lungo presente nei meandri della mente di Jarmusch, regista e sceneggiatore, che definì le prime bozze della trama addirittura vent’anni fa. Per realizzarlo al meglio, ha deciso di affiancarsi al suo poeta contemporaneo preferito, Ron Padgett.

Quest’ultimo ha composto tutte le liriche che nel film sono attribuite al protagonista. Lo stesso Jarmusch ha però voluto dare il suo apporto alla componente poetica, scrivendo i versi che nel film risultano pensati da una precocissima bambina che Paterson incontra per caso.

In Paterson, il regista gioca anche con la tendenza cinematografica per cui ad un elemento narrativo vengono conferite sfumature di significato simboliche. Esemplare in questo senso risulta il leitmotiv dei gemelli: da quando Laura dice di aver sognato di partorirli, il marito inizia a vederne ovunque.

Questo elemento narrativo è stato inserito direttamente in fase di riprese, quando il regista ha notato che gli attori più piccoli venivano sostituiti, come spesso accade, da fratelli identici. A detta dello stesso Jarmusch, tuttavia, questo topos è privo di significato ulteriore (“anti-significant”).

Lo spettatore potrebbe interrogarsi su eventuali implicazioni narrative (un parto di Laura, altri eventi degni di nota), senza rendersi conto che si tratta di un elemento volutamente privo di significato, che rende il film nella sua totalità ancor più straniante.

Dopo le sue collaborazioni con Baumbach, Spielberg, e i fratelli Coen, l’ormai affermato Driver sin dagli albori della produzione non ha nascosto l’entusiasmo che provava nel lavorare con un caposaldo del cinema contemporaneo quale è Jim Jarmusch.

I più ironici credono che la scelta del protagonista fosse scritta nel destino, data la curiosa coincidenza tra il cognome dell’attore (Driver, in inglese autista) e la natura del ruolo, un conducente di bus. Ma pare addirittura che, per rendersi il candidato più idoneo al ruolo del protagonista, Driver abbia autonomamente deciso di prendere la patente per la guida di autobus, prima che gli fosse richiesto esplicitamente.

In questo modo, l’attore sperava di automatizzare l’aspetto pratico del suo ruolo per potersi concentrare sull’interpretazione al momento delle riprese. Non meno importante, Driver aveva giustamente immaginato che riuscire a guidare realmente gli ingombranti mezzi avrebbe consentito al regista la possibilità di ricorrere a più inquadrature, potendo lavorare con più libertà.

L’acclamato attore interpreta magistralmente il ruolo che gli è affidato. Il suo personaggio risulta a tratti annoiato, teneramente ingenuo.

La componente di fragile semplicità che Driver riesce a incanalare in Paterson lo rende incredibilmente realistico, quasi commovente nella sua purezza. Ciò che colpisce del protagonista è il suo modo di fare, sempre pacato e riflessivo, mai esuberante o eccessivo. Anche nel momento di peggior crisi, di maggior sconforto, non si lascia accecare dall’ira o da manifestazioni plateali di disperazione.

Silenzioso, Paterson cade in un pacato sconforto, comunque carico di intensità e malessere. Tutto ciò che riesce a dire a proposito delle sue poesie, forse perdute per sempre, è un elegante ma disilluso «they where only words written on water», forse citando il celebre epitaffio del poeta inglese John Keats (“Here lies One whose Name was writ in Water”).

La performance di Driver, particolarmente apprezzata, gli ha permesso negli anni successivi di collaborare con altri mostri sacri del cinema contemporaneo tra cui Scorsese (Silence, 2016), Soderbergh (La truffa dei Logan, 2017) e Lee (BlaKkKansman, 2018), fino ad arrivare alla nomination all’Oscar per miglior attore (non protagonista nel 2019 per il film di Spike Lee e protagonista nel 2020 per Storia di un matrimonio di Baumbach).

La narrazione di Paterson si sviluppa dunque attorno a un quotidiano semplice e ciclico, ad una circolarità monotona.

Per questa ragione, un evento perturbatore come quello del finale, che normalmente non sarebbe abbastanza forte da stravolgere l’andamento della storia, assume in questo caso connotazioni drammatiche e riverberi disastrosi.

Gli ultimi minuti del film, però, aprono ad un messaggio di speranza, illustrando come talvolta sia necessario fare un passo indietro per trovare nuove fonti di ispirazione. In questa chiusura molti critici hanno visto una forte dichiarazione da parte dello stesso Jarmusch, che dopo anni di esperienza continua a sorprendere il suo pubblico innovandosi ma rimanendo fedele alla sua concezione artistica.

In effetti, solo una mente creativa così solida ma al contempo propositiva poteva offrire al pubblico un’opera come Paterson, che sfidando qualsiasi convenzione narrativa riesce comunque a colpire dritto nell’animo dello spettatore.

Eleonora Noto

Da vent'anni dentro Matrix | Doppiozero

Ma se ciò che noi pensiamo realtà

fosse pura immaginazione?

Matrix è una trilogia di film di genere fantascientifico-avventura, scritta e diretta dalle sorelle Lana e Lilly Wachowski nel 1999 e prodotta dalla Warner Bros.

Protagonista è Thomas Anderson/Neo (Keanu Reeves), programmatore della Metacortex di giorno, e di notte è un pericoloso hacker. A causa dei suoi illeciti è tenuto sotto osservazione dall’agente Smith (Hugo Weaving), fino a quando non incontra un’altra hackerTrinity (Carrie-Anne Moss) che gli propone di seguirlo per conoscere il suo capo Morpheus (Laurence Fishburne), il quale gli spiegherà tutto riguardo ad una realtà chiamata Matrix.

Neo accetta incuriosito ed ecco che Morpheus lo pone di fronte ad una scelta: continuare a vivere la vita come l’ha conosciuta fino a quel momento optando per una pillola blu o essere trasportato in un’altra realtà, Matrix, optando per la pillola rossa. Neo decide di rischiare e si risveglia in una realtà totalmente diversa, un mondo post-apocalittico del XXIII secolo dove sono le macchine ad avere il controllo su tutto.

Morpheus, Trinity e i loro compagni fanno parte di una resistenza di ribelli che combattono le macchine. Di fatto Morpheus crede di aver finalmente trovato in Neo “l’Eletto”, cioè colui che secondo la profezia dell’Oracolo sarà in grado di codificare Matrix e di distruggerla, liberando così tutti gli esseri umani.

Neo dovrà così avventurarsi in questa nuova e difficile realtà, cercando di trovare la sua strada e la sua missione, misurandosi con i suoi limiti e i suoi dubbi, provando di chi e di che cosa può veramente fidarsi.

A colpire per i tratti caratteriali e psicologici sono decisamente Neo e Morpheus.

Il primo infatti emerge per una spiccata intelligenza, ma anche per le sue doti altruistiche; il secondo è fondamentale nello svolgimento della trama in quanto è colui che conosce perfettamente il modo di Matrix e che quindi offre a Neo la possibilità di liberarlo.

Il film è coinvolgente a livello psicologico e non solo, infatti la visione pone interrogativi esistenziali… Fa pensare alla vera esistenza di Matrix, intesa come mondo parallelo.

Le inquadrature, ricche di azione, riescono a comunicare questo aspetto, accompagnando una sceneggiatura che colpisce l’osservatore perché ricca di suggestioni psicologiche.

Narni Letizia, Acquarone Martina, 1 A Classico