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Monthly Archives: Aprile 2019

Si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri, con la vittoria del pittore Claudio Marciano, la mostra itinerante Il Tocco dell’Arte, promossa da Laura Cane e curata da Doriana Dellavolta, che ha visto protagonisti sessanta pittori provenienti da tutta Italia nelle giornate di giovedì 25 e venerdì 26 aprile.

Un’esposizione basata sull’ergo artistico di ogni singolo pittore, chi con un talento maggiore rispetto all’altro, ma comunque tutti dotati di qualità personali e spesso influenzati dalla storia dell’arte passata.

Il tutto si è presentato nell’autentica cornice di uno dei borghi più belli d’Europa, il centro storico di Taggia (Im) sotto l’occhio attento del critico per eccellenza Vittorio Sgarbi, l’assessore alla Cultura della Regione Calabria Mario Caligiuri e il professore Carlo Bagnasco.

Una mostra all’aperto quindi che ha garantito una partecipazione pubblica importante e che ha permesso a chiunque, appassionati e non, di entrarci a contatto.

Le principali piazze del paese hanno respirato un’aria diversa, ricca di vitalità grazie ai colori e ai temi espressi in dipinti curati nei minimi dettagli i quali, mediante stili differenti tra loro, hanno riportato alla mente l’importanza dell’arte nella nostra storia e nella nostra vita.

Qualità premiate dai giudici sulla base di ciò che il dipinto esprimeva e del suo emergere sugli altri, di come le regole e i principi del quadro andavano a camminare di pari passo con il talento permettendo alla passione di trasformarsi un giorno in un mestiere.

Aspetto importante nella valutazione dei partecipanti da parte di Sgarbi, che oltre a decretare Marciano come vincitore di questa edizione, ha “segnalato” positivamente “la raffinatezza” di Albino Caramazza, “la controllata tra le donne” presenti Daniela Delle Fratte, “la pittura calda” di Fausto Mazer, “l’impegno accademico” di Carola Silivi e “la dimensione accademica, ma più americana” di Sergio Veglio.

Una vera e propria opportunità dunque per artisti conosciuti e non nel panorama artistico nazionale e un’occasione per fare cultura in un contesto architettonico importante, ma spesso ahimè accantonato.

Maria Pettinato

Chi conosce Diano Marina (Imperia) è ben consapevole del fatto che l’estate qui comincia nella settimana di Pasqua, anche quando il clima non è dei migliori, cosa che accade molto raramente come dimostra il sole splendente nel cielo di questi giorni!

Le vie del centro si riempiono di turisti, le spiagge cominciano a rivivere e il clima dinamico tipico delle zone balneari anche. Ed ecco che gli eventi cominciano a prendere piede e a offrire giornate diverse, allegre e perché no culturali, che non fa mai male!

Ne è un esempio il Festival Internazionale del Folklore che il 12, il 18 e il 21 aprile ci ha offerto e ci offrirà giornate all’insegna della tradizione, del costume e dei balli popolari appartenenti a quarantadue gruppi folkloristici provenienti da tutto il mondo.

Colore, esuberanza, movimento fanno da protagonisti omaggiando i turisti e i cittadini dianesi di elementi tipici di paesi lontani, i quali si ritrovano sfilando i propri costumi ed esibendo i loro balli per le vie del centro.

Lo scopo è quindi quello di diffondere le proprie tradizioni e la propria cultura in assoluto divertimento. La passione e l’allegria emergono con intensità non solo nei balli, dai quali traspare una grande preparazione e un assoluto legame alla propria terra, ma anche nei sorrisi e nella commozione che viene fuori dall’applauso di un pubblico totalmente coinvolto.

È la soddisfazione di appartenenza a muovere gruppi di persone di ogni età, anziani, ma anche bambini e ragazzi che non vogliono abbandonare le loro usanze. E non esiste competizione tra popoli che sono diversi come è giusto che sia, ma comunque uniti nell’orgoglio e nella volontà di trasmettere il loro essere.

Esibizioni genuine e vere sono perciò le protagoniste di un festival ben riuscito nel complesso nonostante la poca organizzazione, a mio avviso, per ciò che riguarda il rispetto degli orari nella giornata di ieri 18 aprile: mi riferisco alla scelta controproducente di inserire in brochure come orario di inizio esibizione le ore 17, ma avviarla molto prima!

Nonostante ciò consiglio vivamente a tutti di partecipare alla prossima esibizione che si terrà domenica 21 aprile e mi complimento ancora una volta con Diano Marina, sempre pronta ad ospitare eventi coinvolgenti come questo.

Maria Pettinato

FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FOLKLORE di Diano Marina

Esilarante, divertente, riflessiva e allo stesso tempo un po’ drammatica visto il contenuto, è la commedia Bentornato Presidente!, diretta da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, la quale mette alla luce, mediante caricature totalmente azzeccate del nostro governo e del nostro popolo, il quadro attuale: semplicemente un’Italia in rovina.

La comicità è il motore che muove l’intera trama grazie alla presenza di Claudio Bisio nel ruolo di Giuseppe Garibaldi (che non è quello dell’Unità d’Italia!) e di premier, già conosciuto in quello di presidente della Repubblica nel primo film Benvenuto Presidente! (2013).

Incarico importante e utilizzato per cambiare l’Italia, impostato sulla volontà di farlo onestamente, sulla base di ideali e valori tralasciando parole complicate come spread, pil, ecc. per avviare programmi concreti in grado di riportare il benessere nel nostro Paese.

Un’Italia tragica, un po’ buffa e teatrale nella quale si fa una politica impostata su social, gossip, selfie, e chi più ne ha più ne metta, in cui i programmi elettorali prendono piede non sulla base delle problematiche reali, ma sui disappunti futili della gente da bar.

Un’Italia che sarebbe semplice da cambiare, ma che ha preso il cammino della furbizia e della mancanza di unione, della lamentela e della pigrizia, del “non pago le tasse perché quelli non si abbassano lo stipendio” senza capire che è proprio ciò che la sta rovinando. Un’Italia troppo giovane per governare, troppo internet, troppo razzista, troppo aggressiva e piena di sé.

Un quadro che traspare da un film che parla allo spettatore cercando di diffondere il patriottismo oggi mancante mediante “il premier per caso e per amore”, vista l’iniziale volontà di Garibaldi di tornare in un ruolo politico semplicemente per riconquistare la moglie Janis (Sarah Felberbaum).

Richiesta di devozione e sentimento per la propria nazione è quindi intrisa nella commedia come dimostra il discorso finale del premier in parlamento, che guarda dritto verso di noi invitandoci a cambiare, ricordando forse per certi aspetti il Charlie Chaplin del “discorso all’umanità” in Il Grande Dittatore (1940).

Così come nelle inquadrature sulla Roma Eterna, motivo di orgoglio nazionale, bella e malinconica perché ricorda i tempi passati, anche se ahimè brevi, quelli in cui la politica era sentita e amata da chi la faceva, da chi ci credeva, primo tra tutti Sandro Pertini richiamato ironicamente all’interno del film dall’omonimo nome dato da Garibaldi all’amata capretta.

Possibilità di riuscire, speranza, voglia di ricominciare e di cambiare emergono da un film che alla fine commuove ed emoziona, anche se poi alla fine, diciamoci la verità, noi italiani siamo bravi a parlare, ma a fatti… Poveri noi!

Maria Pettinato

BENTORNATO PRESIDENTE!

  • Regia: Giancarlo Fontana, Giuseppe Stasi
  • Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Nicola Giuliano
  • Casa di produzione: Indigo film, HT Film, Vision Distribution
  • Attori: Claudio Bisio, Sarah Felberbaum, Pietro Sermonti, Paolo Calabresi, Guglielmo Poggi

Avete presente la “catarsi”? Quella sensazione di liberazione, di sprigionamento delle proprie energie, emozioni, stati d’animo magari repressi. Un momento che nella vita bene o male ognuno di noi ha provato almeno una volta.

Può essere intesa come la liberazione da una situazione o persona danneggiante per il proprio essere oppure, come riteneva Aristotele, dalle passioni che inducono al male dell’anima.

La domanda che sorge spontanea è: cosa c’entra in tutto ciò la figura del grande filosofo greco? Ovviamente è associabile alla cosiddetta Grecia classica, periodo di estrema importanza per ciò che riguarda la nostra storia intesa nelle sue varianti filosofiche, mediche, psicologiche. Importante è però specificare come questa era sia significativa anche dal punto di vista del teatro inteso come esperienza di unione.

Ma partiamo dall’inizio descrivendo sinteticamente le caratteristiche basilari del teatro greco (V secolo a.C). Si svolgeva innanzitutto in tre periodi dell’anno corrispondenti a tre feste in onore del dio Dioniso (le Grandi Dionisie, le Lenee e le Dionisie rurali) in un edificio generalmente costruito in collina per sfruttarne la pendenza.

Teatro greco ad Atene

Questo era dotato di scenografia e di uno spazio detto orchestra dove presumibilmente era inserito il coro, da definirsi la metafora di giudizio nella rappresentazione teatrale.

L’aspetto più importante di questo periodo è pressoché uno ed è la capacità di creare una simbiosi vera e propria tra attori e spettatori i quali andavano a vivere un’esperienza unica che provocava il cosiddetto fenomeno della “catarsi”, da intendersi come una sorta di purificazione dell’anima.

Il tutto avveniva prevalentemente tramite il genere della tragedia, la quale suscitava nello spettatore la riflessione necessaria per “rinascere puro” offrendogli l’occasione di liberarsi dagli impulsi, dalle passioni che provocavano inciviltà, ingiustizie, vessazioni.

Edipo re di Sofocle interpretato da Franco Citti nel film di Pier Paolo Pasolini (1967)

La rappresentazione di storie appunto tragiche nelle quali i protagonisti finivano per morire o “sopravvivere” con sensi di colpa, rimorsi, angosce, conseguenze di scelte irrazionali, offrivano allo spettatore la possibilità di lasciarsi coinvolgere dagli stessi “peccati”, di immedesimarsi e perciò di non viverli nella realtà quotidiana.

Ad ampliare le sensazioni di tormento del protagonista ci pensava la maschera, fondamentale mezzo di riconoscimento del personaggio stesso in quanto costituita da caratteri distintivi, lacrime per la tragedia e sorriso per la commedia, oltre che un mezzo di amplificazione della voce vista la distanza tra attore e pubblico.

Esempio di maschera greca

Essa può essere inoltre interpretata come la metafora dell’irrazionalità e del trasposto della passione che oscura e domina quello che realmente si è: una bellezza fanciullesca e pura.

Maria Pettinato