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Monthly Archives: Luglio 2019

L’emigrazione, il viaggio della speranza, il grande sogno americano, la seconda guerra mondiale e l’Italia di quegli anni sono solo alcune delle tematiche che rendono Il re di carta (Ed. Emersioni, 2018), romanzo d’esordio di Maria Elisabetta Giudici, così avvincente da coinvolgere il lettore all’interno della trama riscontrandovi al proprio interno qualcosa di sé o comunque un sentimento di appartenenza.

Sono Margherita, Dwight e la loro voglia di conoscenza i protagonisti di un libro che va ad accomunare generi diversi tra loro ma comunque tutti legati a una caratteristica che travolge creando una vera e propria fame di lettura, il mistero.

È infatti l’enigma che si nasconde dietro alla ricerca di un tesoro sconosciuto a muovere le pedine, a offrirci personaggi dietro ai quali si cela qualcun altro, a smuovere la voglia di comprendere le proprie origini da una parte o la smania di ricchezza dall’altra.

Figure unite da uno stesso destino, desiderose di capire, ma quindi diverse, così come sarà differente da ciò che ci si aspettava il finale di un romanzo degno di nota proprio perché capace di offrire l’inaspettato.

Ed ecco che dietro a un apparente romanzo storico si cela dunque un giallo che si infittisce sino all’ultimo facendo sperare il lettore in una condivisione di pensieri e rapporti tra Margherita e il coprotagonista Dwight, legati inconsapevolmente dalla ricerca di un tesoro narrato e scritto in un’epoca in cui il valore della fedeltà nei confronti del proprio re significava vita.

Era l’epoca in cui si combatteva da briganti per salvare il proprio re, Francesco II di Borbone e il suo Regno delle due Sicilie dal nemico, anni in cui la condivisione di ideali e il sentimento di amore per la propria terra erano obiettivi da difendere da tutto e tutti.

Anni descritti nella loro essenza avventuriera e intrigante dalla Giudici, che non solo è riuscita a presentarceli in modo oggettivo e consapevole, come inoltre ha fatto per le altre epoche storiche raccontate, ma anche in modo passionale e quindi intrigante al punto giusto creando quel connubio perfetto che rende il testo un romanzo e non un saggio.

Emerge inoltre una grande capacità descrittiva, presente sia dal punto di vista dell’ambientazione che da quello dei personaggi, le cui caratteristiche fisiche e caratteriali sono tracciate minuziosamente da un’autrice che sicuramente avremo modo di rileggere e direi con grande piacere!

Maria Pettinato

E una settimana è passata calando il mondo della cultura in un’atmosfera nostalgica, per certi aspetti riflessiva perché è proprio questo il momento giusto, quello che fa tirare le somme.

Sono i grandi nomi di coloro che non ci sono più, ma che rimarranno per sempre nella memoria di intere generazioni come il passato ha dimostrato per qualcun altro.

Si studieranno a scuola, si parlerà delle loro imprese, dei loro successi, delle loro opere, di ciò che hanno e che non hanno fatto. Si criticheranno anche, eccome se si criticheranno! Passerà qualche giorno, qualche mese, ma poi in qualche trasmissione televisiva, su qualche canale radio, addirittura su qualche libro il loro nome uscirà di nuovo nel bene e nel male.

Ma è giusto così, questo accade quando si fa tanto per il pubblico, quando si raggiunge l’obiettivo sperato, quando si fa questo lavoro.

Ciò che comunque nella memoria e nella storia culturale rimarrà sarà il loro ricordo…

Saranno Séverine, il professor Bellavista, il commissario Montalbano a rimanere tra noi. Unicamente i loro personaggi, quelli che non moriranno comunque mai, nonostante la loro morte sia avvenuta davvero rendendo così l’Italia un po’ più triste, un po’ più silenziosa anche se solo per qualche momento.

Questo articolo non vuole essere una critica, né un parere, tanto meno un’opinione, ma vuole semplicemente omaggiare Loro, i Grandi della nostra cultura, coloro che al cinema, alla letteratura, al teatro ci hanno creduto fino all’ultimo, coloro che hanno criticato poco, ma fatto tanto.

A Loro, che meritano l’applauso più lungo che c’è, L’Artefatto offre una chiusura di sipario unica e trionfale.

A Loro, Luciano De Crescenzo, Andrea Camilleri, Valentina Cortese, L’Artefatto dice GRAZIE.

Maria Pettinato

Atmosfera grottesca, tetra, associabile a una trama altrettanto paradossale, per certi aspetti ironica, ma di quell’ironia che al proprio interno nasconde qualcosa di più, a dir poco tragico, pungente al punto giusto.

Tutto ciò è La miseria è una cosa seria (uno studio da Friedrich Dürenmatt, La visita della vecchia signora), spettacolo andato in scena il 18 luglio nel rinomato “teatro più piccolo del mondo”, il Teatro Salvini (Pieve di Teco, Im), e interpretato dalla compagnia I Cattivi di Cuore.

Sono i cittadini di Güllen, ex centro culturale in piena crisi economica, a impersonare un dramma che ha come temi principali l’odio e la vendetta per ciò che è accaduto, per ciò che è stato, ma non dimenticato dalla multimilionaria Claire Zachanassian la quale, approfittando della situazione degradante degli abitanti della cittadina svizzero-tedesca, offre loro un miliardo di franchi in cambio dell’omicidio di Alfredo che anni prima aveva negato la paternità del figlio che l’allora giovane donna aveva in grembo.

Offerta inizialmente non accettata e apparentemente accantonata, ma solo per poco perché immancabilmente è il denaro a trasformarsi nel motore dell’intero intreccio narrativo, sempre più crudele e angosciante.

È la ricchezza a muovere le pedine in gioco, semplicemente uomini e donne che perdono qualsiasi tipo di valore, anche l’affetto verso il proprio padre e l’onestà verso un proprio amico, diventando così vittime di un sistema avido, corrotto, come questo spettacolo ha perfettamente trasmesso se pur con frizzante satira.

La smania di rivalsa si approfitta così della psicologia del gruppo, che di fronte a lei, Claire, ricca e perciò autorevole e affascinante, cade nell’oblio dell’ignoranza calpestando Alfredo, vittima di violenza mentale, ancor prima che fisica, spaventato e abbandonato da chi pensava fosse amico.

Ma infine è la felicità la vera protagonista, quella degli abitanti di Güllen, soddisfatti perché finalmente anch’essi appartenenti a una società prospera, fiera del proprio benessere e perciò indifferente alla miseria altrui.

I Cattivi di Cuore l’analisi di quella società, che poi alla fine è proprio ciò che da La visita della vecchia signora viene estrapolato, è riuscita impeccabilmente a tirarla fuori offrendo al pubblico del Salvini una rappresentazione suggestiva, per certi aspetti misteriosa, centrando perfettamente il punto.

Non è infatti difficile cogliere nella loro interpretazione uno studio accurato del testo e perciò dei suoi personaggi che sono ironici quando serve, ma anche misteriosi e tragici. Non sono mancati infatti nella loro rappresentazione attimi di inquietudine sottolineati anche da movenze grottesche, quasi apatiche a volte e perciò coinvolgenti.

Maria Pettinato

Si sa, Napoli, oltre che per la sua bellezza territoriale è conosciuta nel mondo per la sua grande capacità attoriale.

Un’infinita lista secolare di talenti partenopei ha reso il teatro napoletano uno dei più importanti e ammirevoli dal punto di vista internazionale. Illustri nomi hanno infatti cavalcato i più importanti palchi del mondo entrando così nella storia di ciò che per noi italiani è motivo di orgoglio, la cultura teatrale.

Teatro di estrema importanza , caratterizzato da quella naturalezza che lo rende decisamente unico, reale, grottesco sotto certi aspetti come ha dimostrato il grande Antonio De Curtis, in arte Totò, che mediante gesto e comicità è diventato uno dei più importanti attori di tutti i tempi.

Drammaturgia autorevole, forse a volte punzecchiante, ironica, semplice, popolare e quindi tragica al momento giusto come quella dei Fratelli De Filippo, capaci di fondere comicità, talento ed esperienza in bellissime opere come Natale in casa Cupiello (1931) per citare una delle più famose.

Comico, ma allo stesso tempo riflessivo e malinconico come nel caso di Massimo Troisi, esponente leggendario, mito nella storia teatrale e cinematografica.

E in questo lunghissimo elenco a emergere vi sono anche importanti donne che hanno fatto e fanno tuttora emozionare lo spettatore, il quale rimane abbagliato non solo dalla loro bellezza che è senza dubbio unica perché totalmente affascinante, ma soprattutto dal loro naturale dono, appunto la recitazione.

A riguardo emergono senza dubbio la grande Titina De Filippo, attrice e autrice di grande capacità e importanza nel panorama teatrale novecentesco, la diva per antonomasia Sophia Loren che incarna oltre al talento attoriale che l’ospitale Napoli le ha donato, la tipica bellezza mediterranea, passionale nella sua semplicità, e parlando di attualità non può non essere nominata la grande Lina Sastri, il cui estro melodrammatico é assolutamente degno di nota come dimostra l’intensa carriera teatrale e cinematografica.

Teatro decisamente vitale, dinamico, vero perché nato dalle origini, semplicemente dal popolo e per questo da definirsi storia di Napoli, arte ineguagliabile, appunto napoletana, come solo i suoi figli conoscono fino in fondo, perché è decisamente parte di loro.

È perciò carnale, appartenente a un luogo che è di per sé un palcoscenico di colori, suoni, emozioni. Un teatro che entra dentro trasformandosi in qualità propria.

Maria Pettinato

Ci sono film che grazie a una semplice scena, frase, inquadratura sono entrati nella memoria collettiva.

Hanno infatti creato nella mentalità del grande pubblico delle associazioni tra film-regista-attore da considerarsi per certi aspetti positivamente visto il successo mondiale garantito, ma in altri in modo negativo, in quanto a volte il film trionfante ha aperto, ma anche chiuso la carriera del determinato divo, il quale agli occhi del pubblico era il personaggio di “quel film” e non l’attore talentuoso.

Ma andiamo a vedere quali sono, a mio avviso, cari lettori, gli 8 film che tutti, ma proprio tutti, conoscono…

Via col vento

Chi non conosce la ricca Rossella O’Hara (Vivien Leigh) e la sua storia d’amore con l’avventuriero Rhett Butler (Clark Gable)? Direi che chiunque, comprese le nuove generazioni, abbiano ben stampata in mente la frase “Dopotutto, domani è un altro giorno!”, che ha reso celebre, tra le tante, il kolossal diretto nel 1939 da Victor Fleming e vincitore di ben nove Premi Oscar.

La dolce vita

Capolavoro indiscusso nella storia del cinema (1960), conosciuto da chiunque non solo perché stiamo parlando di uno dei più grandi registi mai esistiti e di uno dei più grandi attori di tutti i tempi, rispettivamente Federico Fellini e Marcello Mastroianni, ma perché solo a guardarla la Fontana di Trevi ci immaginiamo il sorriso e l’abito nero di Anita Ekberg.

Il Padrino, The Godfather

“Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare” è una delle frasi più famose del primo film di Francis Ford Coppola, e direi del cinema, non solo perché riporta in automatico alla mente scene memorabili tratte appunto da questo capolavoro, ma anche perché è pronunciata dall’indimenticabile Marlon Brando nel ruolo di Don Vito Corleone.

Lo Squalo

Si sa, Steven Spielberg, è uno dei più grandi registi cinematografici esistenti. I suoi film hanno infatti la capacità di suscitare nello spettatore emozioni fortissime, che spaziano da pura adrenalina, come in questo caso, alla commozione, come ad esempio in E.T. L’extraterrestre. Oggi giorno siamo abituati a vedere film dotati di estremi effetti speciali grazie all’uso di tecnologie avanzate, ma pensate al 1975, anno di uscita del film, e ditemi se non è eccezionale ciò che il regista è riuscito a fare con un semplice squalo meccanico. E poi vogliamo parlare della colonna sonora che solo a sentirla mette i brividi?

Dirty Dancing. Balli proibiti

E poi c’è il film che ha fatto e fa sognare ancora oggi, perché è l’amore a emergere sulle ingiustizie, sulle differenze sociali, quelle che c’erano nel 1987, ma che forse sono ancora un po’ presenti. Ed ecco che quando pensiamo al film di Emile Ardoino ci tornano alla mente Patrick Swayze, Jennifer Grey, il volo dell’angelo, (I’ve Had) The time of my life,… ma nulla più perché questo è il classico esempio del film così forte e di successo che alla fine ha creato le agognanti associazioni Ardoino-Dirty Dancing-attori, tranne per ciò che riguarda Swayze che ha avuto la fortuna di ottenere lo stesso successo con Ghost.

Pretty Woman

Rimanendo sul genere romantico, non possiamo dimenticare la pellicola di Garry Marshall che nel 1990 ha lanciato l’amata coppia Julia Roberts-Richard Gere. Film apprezzato soprattutto dal genere femminile per la storia a lieto fine che vede l’eroe Edward salvare la principessa Vivian, la quale a sua volta ha cambiato l’uomo superficiale e ricco facendo uscir fuori la sua vera natura, buona e passionale.

Edward Mani di Forbice

Oltre a rappresentare uno dei capolavori di Tim Burton, questo film (1990) può considerarsi l’inizio della lunga collaborazione tra il regista e Johnny Depp. Film di estrema bellezza, ricordato e apprezzato da chiunque per la capacità attoriale di Depp di rappresentare uno dei soggetti preferiti di Burton: l’emarginato buono, ma incompreso.

Titanic

È decisamente il film che ha garantito non solo il successo a James Cameron, ma che ha rivoluzionato il modo di fare cinema dal punto di vista degli effetti speciali, anche se oggi, abituati a un cinema molto più evoluto, quando lo vediamo ci viene da dire “ma cos’è quello sfondo animato dietro alla coppia Di Caprio-Winslet nella scena ‘Jack sto volando!'”. Memorabile è la drammaticità insita nella pellicola, così come My heart will go on, colonna sonora realizzata da Céline Dion, la quale balza all’orecchio quando si pensa appunto a Titanic (1997).

E voi, grande pubblico di sala, cosa ne pensate?

Maria Pettinato