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Monthly Archives: Giugno 2020

Chloe di Atom Egoyan è il nome scelto per il remake americano di Nathalie (2009), versione francese del 2003 scritta e diretta da Anne Fontaine.

La ginecologa Catherine Stewart, interpretata da un’eccezionale Julienne Moore, organizza una festa di compleanno a sorpresa per il marito David (Liam Neeson), un professore di musica.

Gli invitati sono arrivati e si attende solo l’arrivo del festeggiato ma la donna riceve una chiamata nella quale lui le comunica di aver perso l’aereo di ritorno.

Il giorno seguente Catherine trova sul cellulare del marito un messaggio inviatogli da una studentessa: “grazie per la bella serata, baci” e in allegato una foto in cui sono insieme in atteggiamenti amicali, cosa che inizia a far sospettare la donna su un presunto tradimento del marito.

Il figlio Michael (Maximillion Drake Thieriot) non fa che peggiorare la situazione: è schivo con la madre, ha un atteggiamento tipicamente adolescenziale, porta la fidanzata a casa di nascosto e infrange le regole di buona convivenza. In un dialogo tra Catherine e un amico si deduce che Michael in passato possa avere avuto qualche leggero problema a livello neurologico.

Una famiglia-modello acclamata e invidiata anche dalla stampa con un positivo equilibrio tra carriera e famiglia in realtà si sta disfacendo dentro quel loft curato davanti agli occhi impotenti della matriarca.

In una cena tra amici Catherine, entrata alla toilette, e sentendo piangere una ragazza le chiede se va tutto bene ed è lì che iniziano a parlare: un’interazione minima che per Chloe (Amanda Seyfried) sembra necessaria.

Finge infatti di aver trovato a terra una spilla per capelli e chiede a Catherine se fosse sua ma lei risponde di no. Allora la ragazza gliela porge regalandogliela ma la donna rifiuta gentilmente e torna dal marito in sala. Questa preziosa spilla sarà il simbolo di un legame tra le due donne che non è destinato a spezzarsi.

Chloe è una ragazzina di facili costumi e Catherine se ne accorge osservandola al tavolo con un uomo che sembra avere più anni di lei. Ha lo sguardo spento seppur gli occhi grandi esprimano un forte bisogno di attenzioni.

La moglie del professore intuisce di poter usare questo legame per scongiurare l’inclinazione al tradimento del marito.

Le due donne si accordano per vedersi e decidere le dinamiche di questa prova di fedeltà ma già al primo incontro tra Chloe e David le notizie non sono tranquillizzanti: la ragazza racconta a Catherine di averci flirtato fino a farlo cadere in tentazione.

Il piano continua così come gli presunti incontri tra i due amanti che vengono narrati minuziosamente alla moglie. Catherine sprofonda nelle sue stesse insicurezze fino al punto di vedere in Chloe un espediente per non rovinare definitivamente il suo matrimonio.

La ragazza dai lunghi capelli biondi diventerà lo specchio di quell’amore intenso che l’ha spinta a sposarsi: un amore carnale che adesso si alimenta attraverso il corpo di una terza persona.

Il filo rosso di questa tela fatta di sensazioni implose è lo sguardo, tutto il non detto è espresso magnificamente dalla capacità interpretativa degli attori. La conoscenza tra Cloe e Catherine inizia in un ristorante e finisce (almeno per quest’ultima) in un caffè.

I coniugi sono seduti a un tavolo e Catherine aspetta che arrivi Chloe che scappa fuori, David chiede a Catherine chi fosse quella ragazza ed è in questo momento che viene svelata la grande menzogna: Chloe non aveva mai incontrato né visto quell’uomo, quelle storie sui loro incontri erano false e servivano a Chloe affinché Catherine non sparisse dalla sua vita.

La ragazza sembra essersi legata così tanto alla ginecologa da sviluppare una sorta di dipendenza affettiva generatrice di vendetta. Approfitterà infatti del ritardo di Michael per creare un flirt e ledere così l’equilibrio della famiglia che la coppia di sposi aveva da poco ritrovato.

Desirée Formica

Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960, in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan”

da Middlesex di Jeffrey Eugenides

Questo è l’incipit di Middlesex, romanzo dello scrittore statunitense Jeffrey Eugenides, pubblicato nel 2002 e vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2003.

Protagonista (nonché voce narrante) è Calliope Stephanides, un raro caso di ermafrodito che nasce e vive come ragazza e soltanto dopo un lungo e travagliato percorso interiore rinasce ad una nuova vita come Cal.

Dalla lettura emergono sempre più nitidi i turbamenti e le frustrazioni di Callie, consapevole fin da piccola di essere unica, diversa dalle proprie coetanee e per questo relegata ad una condizione di solitudine e marginalità.

L’interiorità della ragazza è indagata con acume e finezza psicologica; dettagliata è la descrizione della sua iniziazione sessuale a quattordici anni con una coetanea e quella del suo corpo che non si decide a farla sbocciare come donna, ma assume sembianze gradualmente sempre più mascoline.

Il gene impazzito nel suo DNA, responsabile di questa singolare condizione, viene interpretato come espiazione di una colpa primordiale che pende sulla sua famiglia, della quale è lei stessa a raccontarci la storia.

È così che l’autore riesce abilmente a coniugare il romanzo di formazione alla saga familiare: attraverso Calliope veniamo a conoscenza della storia degli Stephanides, il cui nucleo originario ritroviamo ad inizio ‘900 a Bitinio, un villaggio greco della Turchia.

Qui i fratelli Eleutherios (Lefty) e Desdemona, dopo un devastante incendio, decidono di migrare alla volta di più fortunati lidi.

Innamorati l’uno dell’altra, si sposano sulla nave che li conduce negli Stati Uniti, convinti di poter seppellire tra le onde del mare il segreto che li unisce e di poter vivere senza problemi nel nuovo continente la loro singolare condizione di sposi-fratelli.

Da questa unione incestuosa nascono due figli, Milton (padre di Callie) e Zoe. Ma la maternità è vissuta da Desdemona come una condizione di cui vergognarsi, un’onta terribile, esattamente come il sesso condiviso con il fratello-marito.

Teme che la punizione per questa unione “sbagliata” investirà le generazioni future, esattamente come lo schema di una tragedia greca. La donna emerge sicuramente in quanto uno dei personaggi più riusciti dell’opera, drammatica ma con tratti ironici e di comicità straordinari, come quando suole appoggiare un cucchiaio sulle pance delle donne in attesa per predire il sesso dei nascituri.

Ironia e drammaticità si ritrovano diligentemente coniugate dallo scrittore nell’intero universo dei personaggi, a tratti pittoreschi, che come un mosaico popolano le pagine del romanzo.

Tutti contribuiscono a restituire un’umanità eterogenea, il cui comune denominatore è la ricerca di una condizione di felicità e benessere individuale da vivere su questa Terra, ora e subito, a qualunque costo e al di là di qualunque barriera reale e mentale.

La rottura e lo scardinamento di ogni convenzione sociale e morale hanno la propria esemplificazione massima in Calliope: incapace di sottostare alla Medicina (che ne vorrebbe fare una cavia per studiarla) e ai genitori (che la vorrebbero ragazza per sempre, cancellando la parte maschile che coabita in lei), scappa da tutti e facendo l’autostop attraversa il suo Paese fino ad approdare in California.

L’esperienza variegata del viaggio la costringe a guardarsi dentro, ad ascoltare se stessa, inducendola, anche dopo la riconciliazione con i genitori ed il ritorno a casa, a diventare per sempre Cal.

Con questo (riuscitissimo) romanzo Jeffrey Eugenides affronta, attraverso la parabola di Callie/Cal, un tema attuale ed importante come la disforia di genere, trattandolo con una sensibilità estranea al pregiudizio ed evidenziando allo stesso tempo la volontà di essere artefici di se stessi, del proprio destino e del proprio corpo, in una società che ci relega sempre più in ruoli e categorie prestabilite.

Francesca Mazzino