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Phoebe Waller-Bridge Stars in Harry Styles' New “Treat People With Kindness”  Video: Watch | Pitchfork

Il testo della canzone Treat people with kindness (Tratta le persone con gentilezza), è un invito a comportarsi con gli altri in maniera gentile e ad accettarsi per come si è.

Harry Styles, autore della canzone, negli ultimi anni si è impegnato a portare avanti una lunga battaglia contro fenomeni come la mascolinità tossica, indossando abiti femminili, dimostrando di sentirsi bene e a suo agio con quest’ultimi.

Ogni giorno cerca di dimostrare come il modo di vestirci non determina la persona che si è e che si può essere uomini anche avendo uno stile più vicino al femminile. I fan sono rimasti molto colpiti dal video di Treat People With Kindness, soprattutto per il significato che ha e per il messaggio che vuole trasmettere. Nella clip, infatti, vengono ribaltati gli stereotipi di genere.

Un esempio? È Phoebe Waller-Bridge, famosa attrice britannica a tenere Harry durante il casquè, cosa molto insolita nella danza, dato che solitamente è l’uomo a sorreggere la donna. Approfondiamo però più attentamente questa cosa: nel video musicale della canzone, al minuto 2.16, Harry balla insieme a Phoebe, e poco prima di iniziare a ballare
entrambi si tolgono tutto ciò che li rende diversi, come ad esempio papillon e giacche.

Harry e Phoebe successivamente ballano in coppia, ma tutti e due fanno gli stessi movimenti, seguono la stessa coreografia, senza nessuna distinzione uomo-donna.

Con tutto questo Harry tiene a trasmettere un messaggio molto importante: i due che ballano sono la stessa persona, la parte femminile e quella maschile del cantante. Inoltre entrambi indossando pantaloni, camicia e maglioncino, ovvero abiti considerati maschili, ma sono presenti sui vestiti degli strass, che rendono il tutto anche più femminile.

Come abbiamo già detto, l’importantissimo messaggio che Harry tiene a trasmettere è stato molto apprezzato dalle fan, le quali associano al gesto una sensazione di felicità e di libertà indescrivibile.

Ovviamente la canzone ha anche un suo ritmo e un suo testo, a mio parere molto belli, ma più importante di tutti, è il sentimento di accettazione di noi stessi, di amore per quello che siamo e non di frustrazione per quel che non abbiamo.

La danza con la sua parte femminile, il sentirsi in pace con se stessi esprimono gli aspetti più armoniosi e gioiosi!

Per quanto riguarda invece la parte musicale, penso sia abbastanza evidente quanto Treat people with kindness sia
una canzone caratterizzata da una melodia molto allegra e ritmata, con un sottofondo strumentale e vocale che non passano inosservati.

Come possiamo intuire dal titolo, la canzone è un invito a trattare le persone con gentilezza, questa non è per Harry solo la frase con cui ha deciso di intitolare la canzone, ma proprio un suo motto, un invito che tiene a comunicare frequentemente anche sui social.

Marzorati Maria Chiara, Giacomelli Alessia, 1 B Classico

Ho sempre pensato che se Dio non esistesse bisognerebbe inventarselo. Il che è esattamente
quello che ha fatto l’uomo da quando ha messo piede sulla terra

Fabrizio De Andrè
La guerra di Piero | Fabrizio De André e il suo antimilitarismo

La sua è una canzone d’autore incentrata su melodie da ballata ed è fatta di testi anticonvenzionali. Ricca di messaggi capaci di colpire nel segno come l’arroganza del potere, il sesso e la povertà. Fan di Bob Dylan, non credente, anche se nella sua musica sono spesso presenti riferimenti a Maria e Gesù.

Pochi ma chiari gli indizi che ci portano a comprendere all’istante che il protagonista di questo articolo è Fabrizio De André, il Cantautore per antonomasia.

“Il cantautore degli emarginati” come dimostrano i suoi brani che, ancora oggi, vengono cantati e soprattutto studiati come veri e propri testi di letteratura. Uno tra tutti La guerra di Piero (1960).

Un racconto dolce, e allo stesso tempo triste, sulla contraddittorietà e stupidità della guerra. Una guerra vissuta davvero e raccontata in prima persona da parte di un semplice e giovane – come tanti altri – soldato, Piero.

Giovani spaventati, compagni, fratelli e nemici per volontà di qualcun altro. Piero è uno di loro, lui lotta per la pace, per la serenità, non vuole uccidere nessuno, ma è proprio questa volontà che gli causa la morte.

Il significato della sua uccisione nel mese di maggio esprime a fondo un concetto: la crudeltà della guerra colpisce anche nei momenti di maggiore felicità, appunto la primavera, il momento in cui tutto è vivo, in cui tutto fiorisce.

Una canzone forte, vera, in cui vengono fuori la stupidità e le crudeltà della guerra. Questo brano, profondo e toccante nelle sue parole e caratterizzato da un ritmo seducente ottenuto solo dalla voce del cantante genovese e dall’accompagnamento della chitarra, sprigiona difatti una forte morale di pace e di ripudio il potere e la malvagità umana.

L'origine del soprannome Faber di Fabrizio De Andrè | superEva

Fabrizio De André

Fabrizio Cristiano De Andrè è un cantautore italiano meglio noto come Fabrizio De Andrè o Faber. Nasce il 18 febbraio 1940 a Genova. I genitori, di origine piemontese, si trasferiscono in Liguria dopo la nascita del loro primo figlio Mauro. 

Nel 1947 inizia le elementari e impara a suonare il violino. Quando frequenta le medie viene bocciato e spedito in collegio.  Nel 1954 prende lezioni di chitarra e un anno dopo fa la sua prima esibizione in pubblico ad uno spettacolo di beneficenza organizzato al Teatro Carlo Felice di Genova. Dopo il liceo si iscrive all’Università di Giurisprudenza che interromperà a sei esami dalla fine. Nel 1962 sposa Enrica Rignon e dal loro matrimonio nasce il figlio Cristiano.

Nel 1966 esce il suo primo disco, Tutto Fabrizio De Andrè, ma ottiene maggiore successo quando Mina incide La canzone di  Marinella e inizia a frequentare personaggi famosi come Luigi Tenco, Paolo Villaggio… Dal 1975 accetta di esibirsi in tour. Nel 1988 sposa Dori Ghezzi, con la quale mette al mondo Luvi, la seconda figlia. Lui e la donna vengono rapiti dalla mafia sarda per quattro mesi. 

Il suo album Creuza De Ma, uscito nel 1984, è nominato album del decennio. Pubblica Le Nuvole nel 1990 e va in tour e dopo aver fatto uscire l’album live, smette di suonare  per quattro anni ma nel 1996 torna con il disco: Anime Salve.

L’11 gennaio 1999 muore a Milano a causa di un male incurabile e al suo funerale, svolto due giorni dopo, sono presenti più di 10 000 persone.

Pozzo Beatrice, Barbagallo Filippo, Zucchini Filiberto, 1 A Classico

Se telefonando playlist

“Lo stupore della notte spalancata sul mar

Ci sorprese che eravamo sconosciuti io e te

Se telefonando è uno dei più famosi brani di Mina, considerata una delle cantanti migliori nella storia della musica italiana, nota specialmente per la sua voce particolare e riconoscibile, con la quale ha fatto innamorare dall’inizio della sua carriera negli anni Cinquanta, milioni di persone.

Il testo di questo brano, uscito nel maggio del 1966, è stato scritto da Maurizio Costanzo e Ghigo de Chiara, mentre per l’arrangiamento e la musica si occupò il grande Ennio Morricone, ispirandosi «al suono delle sirene della polizia» come dichiarò all’uscita del brano.

Poi nel buio le tue mani d’improvviso sulle mie

È cresciuto troppo in fretta questo nostro amor

Il significato della canzone è facilmente riconoscibile e individuabile all’interno del testo; esso è concentrato su un contrasto di emozioni totalmente differenti e dall’inizio capiamo che i protagonisti di questa splendida canzone sono due giovani.

Questi si ritrovano in una meravigliosa spiaggia sotto la luce della luna probabilmente di una serata estiva.

Se telefonando (lyrics) - YouTube

I due non si conoscono bene, ma per un motivo inspiegabile razionalmente, sentono l’uno per l’altra una passione e un’intesa incontrollabili. In breve infatti vengono travolti dall’amore.

Se telefonando io potessi dirti addio

Ti chiamerei

Se io rivedendoti fossi certa che non soffri

Ti rivedrei

Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta

Ti guarderei

Per la donna quella che apparentemente può sembrare una storia occasionale prende la forma di un vero e proprio amore, ma di fronte ad esso lei non sa come reagire, perché quelle emozioni così forti e prorompenti non le conosce, non le ha mai provate.

Sentimenti sconosciuti si trasformano perciò in paura e questa conseguentemente spinge la giovane donna a chiudere un rapporto in realtà nemmeno iniziato.

Ed ecco che “Se telefonando io potessi dirti addio, ti chiamerei” è la frase che spiega precisamente la sua intenzione e che precede una serie di altre frasi con le quali l’ascoltatore intuisce il suo stato d’animo, cioè la paura di soffrire.

Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato

È già finito

Un brano commovente per svariati motivi: la sua melodia, il suo testo, la magnifica voce di Mina travolgono emotivamente l’ascoltatore.

Se telefonando fa capire di fatto quanto le prime esperienze insegnino, e facciano scoprire la propria persona, la propria interiorità, quindi ciò che realmente si ha dentro.

Bravo Lupita, 1 A Classico

The Five Coolest Scenes From the Harry Potter Movies That Weren't In the  Books - Willamette Week

Nicholas Edward Cave, in arte Nick Cave, è un compositore australiano e autore, durante un periodo mesto e malinconico della sua vita, di O Children (2004).

Fondatore assieme a Mick Harvey della band Concrete Vulture e rinominata in seguito Boys Next Door, pubblica il suo primo brano di successo Door Door raggiungendo la fama a livello internazionale.

Un successo che ahimè si trasforma in un giudizio a dir poco critico quando trasferitosi a Londra con la band ormai nominata The Birthday Party diventa noto per l’esuberanza animalesca sul palco e per i concerti rissosi, dovuti perlopiù all’abuso di alcool e di droga. Situazione che porta la band a sciogliersi nel 1983.

“The cleaners are coming, one by one” ossia I pulitori stanno arrivando uno a uno dice O Children, il brano che parla della deportazione nazista nei campi di concentramento dal momento iniziale, quello del viaggio sul treno della morte.

Il significato della canzone è molto profondo: il testo sembra infatti una sorta di discorso fatto dagli adulti ai bambini, prima del viaggio verso il campo di lavoro, un viaggio senza ritorno, un viaggio verso la morte.

A colpire, oltre alle parole del testo, è il ritmo malinconico di questo brano musicale, dal quale emergono le difficoltà e le paure, ma allo stesso tempo la voglia di reagire, di viver.

Il messaggio è infatti l’amore che trionfa nonostante tutto e la speranza di una vita ricca di gioia e di serenità.

Nick Cave, in arrivo un'autobiografia illustrata e una mostra :: News ::  OndaRock

Nel discorso ai bambini, gli adulti a tratti nascondono loro la verità, descrivendo il viaggio come una gita verso un regno, a tratti invece chiedono scusa, sia per i momenti e le liti in famiglia, sia per il futuro che aspetta ai propri figli e nipoti, un futuro incerto e pieno di sofferenze.

Matt Biffa, supervisore musicale di Harry Potter and the Deathly Hallows: Part 1, ha spiegato in un’intervista di aver scelto questo brano come colonna sonora del film perché si identificava con i suoi testi a livello personale, poiché si stava separando dalla moglie in quel momento ed era preoccupato come questa situazione avrebbe influenzato i loro due figli piccoli:

«C’era qualcosa di veramente edificante in O Children , con frasi come rallegrati / alza la tua voce e tutte quelle cose. Stavo pensando ai miei figli. I testi dicono Perdonaci per quello che abbiamo fatto».

Un brano malinconico e capace di far riflettere, ancor più famoso e celebre tra le nuove generazioni per la scena del ballo tra Harry e Hermione nel film Harry Potter and the Deathly Hallows: Part 1, rimasta alla memoria del pubblico come momento cult dell’intera pellicola.

Muca Gloria, Ricca Lorenzo Linceo, Lanteri Matilde, 1 A Classico


Same Love | Discogs

Same Love, uscito nel 2012, e’ un brano musicale di Macklemore e Ryan Lewis, artisti americani molto conosciuti.

Macklemore – pseudonimo di Benjamin Hammond Haggerty – è nato nella città più piovosa d’America, Seattle, ed è cresciuto insieme ai suoi genitori fino al periodo del liceo, quando la coppia decide di separarsi.

Dopo aver seguito un corso sulle arti liberali, frequenta un programma focalizzato sull’identità culturale e l’educazione, grazie al quale scopre qualche segreto per raggiungere più facilmente il pubblico musicale, composto prevalentemente da giovani.

Nonostante la sua non sia una famiglia di musicisti, i suoi cari hanno sempre approvato la sua scelta di diventare cantante in quanto già da bambino dimostrava un grande interesse verso la musica.

Si racconta infatti che già all’età di sei anni avrebbe cantato la sua prima canzone hip hop e di come da ragazzo amasse trascorrere i weekend in tenda con gli amici ad ascoltare radio e a fare mixtape di canzoni.

Anche Ryan Lewis nasce nello stato di Washington, dove frequenta la Ferris High School per poi diplomarsi alla Roosevelt High School di Seattle e laurearsi presso la University of Washington.

Dopo essere diventato un importante fotografo professionista inizia nell’estate del 2006 a lavorare con il rapper Macklemore, instaurando con lui una forte amicizia oltre alla collaborazione lavorativa che emergerà fortemente dal 2008, anno in cui nasce la Macklemore & Ryan Lewis.

Collaborazione musicale caratterizzata dalla produzione di diversi album e dal raggiungimento di numerosi riconoscimenti come ad esempio quattro Grammy Award, tra cui uno al miglior artista esordiente, due American Music Awards, due Billboard Music Awards e due MTV VMAS.

Tornando a Same Love, questo può considerarsi un brano dedicato al supporto dei diritti gay e della legalizzazione dei matrimoni omosessuali.

È presente difatti un riferimento al “Washington Referendum”, una riforma in merito all’approvazione o all’abrogazione della legge del Febbraio 2012 che legalizzò i matrimoni omosessuali nello stato di Washington.

Il testo in sé parla di uguaglianza dell’amore tra tutte le persone, di qualunque sesso esse siano. Nel video musicale analogo viene narrata infatti la storia di un ragazzo e delle difficoltà che deve affrontare quotidianamente insieme al suo compagno.

Con questo componimento gli artisti erano indubbiamente intenzionati a diffondere un messaggio di rivoluzione dell’hip hop su questo tema, il quale tra l’altro emerge dalla copertina del singolo, in cui sono ritratti lo zio di Macklemore con il suo compagno.

In conclusione possiamo affermare che oltre a toccare un tema delicato, accompagnato da una melodia orecchiabile e molto efficace nella sua leggerezza, questa canzone può divenire fonte di ispirazione per la sensibilizzazione di questa tematica, ancora oggi in alcuni paesi discriminata e accantonata.

Cresta Elisabetta, Maraucci Giada, Dedej Giorgia, 2 A Classico

Red Hot Chili Peppers - Californication, il video che anticipò GTA

Californication, brano dei Red Hot Chili Peppers pubblicato l’8 Giugno 1999 in collaborazione con la casa discografica Warner Records, appartiene all’omonimo album Californication.

Un pezzo molto apprezzato in tutto il mondo per la sua musicalità e per il suo essere completamente privo di filtri.

Nel giro di pochissimo tempo ha infatti raggiunto più di un milione di vendite, vincendo il Disco di platino in Italia e il Disco d’oro in ben tre paesi: gli USA, la Danimarca e il Regno Unito.

Da un punto di vista musicale, il pezzo è classificabile come funky alternative rock presentando un ritmo e un metronomo relativamente lenti se comparati ad altri pezzi degli stessi autori come Can’t Stop, o Scar Tissue.

Buy "Californication" - Red Hot Chili Peppers - Microsoft Store

Tuttavia, se combinato con il video musicale, acquisisce il sound funky tipico dei Red Hot, con una chitarra accattivante e una coordinazione del basso elettrico che sviluppa la sua parte principalmente in arpeggi di accordi con la batteria unica i quali, verso la fine del brano, hanno persino il loro spazio da “solisti”, per quanto non facciano improvvisazioni come nel vero jazz.

In generale, il pezzo è perfettamente a metà tra jazz e pop, ed è a parer nostro il vero capolavoro del suo album.

Emerge inoltre un significato implicito molto profondo e interessante da frasi come It’s the edge of the world and all of Western civilization o The sun may rise in the East at least it’s settled in a final location, per citarne solo alcune.

Tutte frasi che sembrano indicare uno stesso concetto: l’occidentalizzazione del mondo che sta avvenendo sempre più velocemente e la conseguente perdita del valore dell’autenticità.

Il testo lascia intendere come ormai la cultura americana sia “il sole del mondo” , come ogni altra cultura stia prendendo spunto da essa e come il mondo intero stia perciò acquisendo un ritmo sempre più serrato, cadendo in una spirale di falsi sogni e fantasie irrealizzabili.

La canzone inoltre insiste su una similitudine: l’industria dei film, quindi Hollywood, nota località nel cuore di Los Angeles (California), sta ad indicare come gli Stati Uniti siano la terra delle Meraviglie per tutti, tranne che per chi ci vive.

Riguardo al video musicale ciò che salta di più all’occhio è sicuramente l’ambientazione in cui i quattro membri del gruppo sono inseriti, la quale è palesemente ispirata a videogames come il celeberrimo Grand Theft Auto.

Il video infatti si apre con l’inquadratura su un menu di selezione dei personaggi che riprende quelli tipici dei videogiochi anni ‘90. Il chitarrista John è il primo ad apparire, correndo per la famosa Walk of Fame di Hollywood; la sua sequenza, come tutte le altre, si conclude quando afferra il logo dei Red Hot Chili Peppers.

Dopo un breve intermezzo dove il gruppo in carne ed ossa suona in cima ad una collina, intento a fare snowbard si presenta Chad, il batterista del gruppo, il quale però, cadendo da un burrone, si ritrova ad atterrare su un treno in corsa.

Il terzo, in una tipica ambientazione surreale è il cantante Anthony, riprso mentre nuota in mezzo a degli squali. Completa il cerchio in corsa Flea, il bassista, intento a tirare pugni a persone, alberi e orsi.

La scelta in pieno stile videogame chiaramente legata al tema della canzone. I membri della band infatti compiono azioni totalmente impensabili e irrealistiche, azioni che, nell’immaginario collettiv, sono irrealizzabili dovunque… meno che in America.

Amoretti Francesco, Barberis Francesco Marcos e Ramoino Eleonora, 2 A Classico

1703, Francia di Luigi XIV. Sebastian è un giovane diciassettenne che poco sa di guerra e di vendetta e che poco conosce ciò che si nasconde dietro un regno come quello del Re Sole fatto di insidie e scontri tra i suoi uomini, i Dragoni del Re, e i rivoltosi Camisards.

Privo di informazioni fino al giorno in cui non gli appaiono le anime di questi ultimi, i quali hanno perso la vita nel tentativo di uccidere il re assoluto, tra cui quella di Pierre, padre di Sebastian morto nella stessa circostanza a insaputa del figlio sino a quel momento.

Un incontro sconvolgente per un ragazzo come lui che da quel momento cambierà totalmente il suo essere e allontanerà le persone a lui care tra cui la madre Dominique e l’amata Céline, spinto dal desiderio di vendetta, trasformandosi in Angel, un guerriero munito di doti eccezionali grazie agli insegnamenti del miglior maestro d’armi di Francia, Jerome, e del veggente Dreamer.

E ciò che viene fuori da L’Angelo d’Oro, un racconto nato per essere un dramma in musica in due atti, è la capacità dell’autore Roberto Longo, di descrivere egregiamente il viaggio interiore di Sebastian-Angel.

I suoi turbamenti, le sue passioni, i suoi dubbi, la sua rabbia, ma anche il ritorno alla sua essenza naturale offerti dall’energia positiva materializzata nell’Angelo d’oro, ciondolo sacro appartenente ai Templari.

Ne scaturisce un vero e proprio studio dei personaggi, della musica, dei dialoghi tra le figure delineate, presentando non solo una storia toccante e riflessiva, ma anche una scrittura colta, dettagliata e coinvolgente, degna di dramma musicale.

Può infatti definirsi un mix di generi diversi. La prosa, la canzone, la poesia sono aspetti della stessa medaglia che, unendosi alla descrizione di un’epoca vera per quanto distruttiva sia stata, tocca emotivamente un lettore oggi più che mai consapevole di momenti surreali simili a quello.

Un periodo storico raccontato nel libretto di Longo con un’attenzione particolare per ciò che in realtà si dimostrerà alla fine il vero vincitore della storia, l’amore incondizionato per il quale Sebastian-Angel metterà via la sete di vendetta, che nemmeno la lettura di un futuro tragico era riuscita a fermare.

Amore, rispetto, rinascita della propria essenza si dimostrano i veri protagonisti di un racconto avvincente e simbolico, degno di qualità teatrali e musicali non da poco alle quali auguro la rappresentazione fisica.

Maria Pettinato

Roberto Longo è professore associato di elaborazione di segnali digitali e intelligenza artificiale, nonché musicista con un vivo interesse per la storia e il teatro. Segna con l’Angelo d’Oro il suo debutto come autore. Vive ad Angers (Francia).

Se l’impianto ideologico di Fluxus, basato sull’azione totale, quale esperienza sensoriale attiva, prima ancora che artistica, si sviluppa primariamente all’interno dell’ambiente musicale americano, le sue caratteristiche di indeterminatezza e di concettualità, insieme ad un concreto esprimersi, non mancano di coinvolgere ben presto l’intero mondo artistico gravitante attorno all’area più sottilmente attenta all’evoluzione creativa.

Mentre ancora alla fine degli anni Cinquanta, attorno alla 5° strada si intrecciano le vicende di mercato, legate alla produzione artistica come business per cui l’opera deve essere materialmente fruibile e creare delle precise gerarchie di valori commerciali, e invece negli ambienti culturali stava evolvendosi lo strutturalismo influenzato dalle tesi scientifiche di una metodologia razionale di ricerca, l’intellettualismo giovanile risentendo di tutte quelle spinte che la complessità della società americana esercitava sulla sua formazione, si stava sempre più avvicinando ad un punto di rottura.

Itinerario che doveva necessariamente passare attraverso quella introspezione intellettiva e profonda, senza barriere dogmatiche e pregna di volontà conoscitiva che è poi la linea essenziale di Fluxus, sulla quale si muoveranno le molteplici personalità che senza dar vita a un gruppo o ad una tendenza, appropriandosi del diritto di espressione insito in Fluxus e dell’estrema libertà di azione nell’azione, pensiero e movimento, né dilateranno le possibilità e la presenza.

Quando George Maciunas, oriundo lituano, musicologo e laureto in Storia dell’Arte, incontra LaMonte Young durante i corsi tenuti da Maxfield in Madison Avenue, egli intuisce l’importanza delle teorie della nuova avanguardia musicale e come queste andassero ben oltre i confini della musica stessa aprendo orizzonti più vasti.

LaMonte Young lavora in quel momento a sperimentazioni sonore sulla ripetizione ed esecuzione costante di un suolo suono. Sulla stessa linea di iterazione sonora o melodica si muove tutta la scuola californiana: da Walter De Maria a Terry Riley, a Simone Forti.

L’influenza orientale è molto palese ma ad essa si aggiunge una concretizzazione del concetto astratto di Arte che viene a coincidere con “le possibilità ovvie di azione”; e poiché ovvie, naturalmente estetiche.

Questo, secondo Dick Higgins, si riallaccia e riprende la visione classica del concetto di estetica, riportando la musica e l’Arte in generale ad una “forma di speculazione (intellettiva ed oggettiva) sui principi delle cose” non tanto in senso strettamente formale, quanto in senso metafisico e quindi sublimale.

Importanti in questo periodo le due serie di performances tenute tra il 1960 e il 1961 nello studio di Yoko Ono in Camper Street, con LaMonte Young come responsabile, e nella Galleria di Medison Avenue a cura dello stesso George Maciunas.

La poliedrica personalità di Maciunas, vero asse portante ed elemento coesivo delle diverse ideologie, tematiche ed orientamenti esistenti in Fluxus, realizza a partire dal 1960 una serie di pubblicazioni tra cui le riviste Fluxus V Tre ed il libro Anthology, pubblicato nel 1963 da LaMonte Young e Mac Low, con materiali della disciolta rivista Bestitud.

In queste pubblicazioni vengono raccolti testi teorici e poetici, saggi linguistici, critiche funzionali sul ruolo dell’arte e dell’artista nella società moderna.

Ad esse collaboreranno molti Fluxus-artisti e filosofi quali Dick Higgins, Wott, Anderson, gli europei Claus Bremer, Diter Rot, Emmet William, il coreano Nam June Paik ed Henry Flynt; con quest’ultimo Maciunas in seguito firmerà uno scritto sull’impostazione sociale del dibattito artistico: I comunisti devono dare una leadership rivoluzionaria alla Cultura.

Testo contenente almeno quattro punti importanti: critica alla cultura sovietica come espressione elitaria, riscoperta e valorizzazione delle culture etniche in rapporto al progresso sociale, valorizzazione del cinema documentaristico, pianificazione architettonica, per la quale Maciunas progetta un complesso di abitazioni prefabbricate.

Nel novembre del 1961 George Maciunas parte per la Germania. In Germania esiste un fertile terreno. Nam June Paik, Joseph Boys, Gaul, Goet, Wolf Vostell e altri si riuniscono nello studio di Mary Bauermeinster (moglie di Stockhausen), divenuto una sorta di alter alla ufficialità di Radio Colonia, studio di musica elettronica diretto da Stockhausen stesso.

Qui vengono presentate opere di Brecht, LaMonte Young e Cage e lavori del gruppo. Paik ha già realizzato nel novembre del 1959 alla Galleria 22 di Dusseldorf, un suo lavoro di musica elettronica per tre magnetofoni e un vetro da spaccare, con rovesciamento finale di un pianoforte, il cui titolo è: Omaggio a Cage.

Vostell si interessa alla visione elettronica, al suono ed alla strutturazione fonetica del linguaggio, pur discostandosi dalle tendenze musica-azione del gruppo, che giudica meno importanti dell’azione stessa.

Nel 1961 Colonia appare ricca di fermenti soprattutto presso la Galleria Hauro Lauhus, luogo di incontro di personaggi come Rotella, Cardew, Wewesca, Patterson e gli stessi Paik e Vostell, e dove il gruppo realizza Action music.

Maciunas al suo arrivo in Germania si mette subito in contatto con Paik con il quale corrispondeva da New York, per organizzare una serie di Fluxus-concerti in tutta Europa.

Inizia in questo periodo il momento dei Festivals e delle tournèe che vede protagonista il gruppo storico di Fluxus: Ben Patterson, George Maciunas, Robert Fillious, Allison Knowles, Higgins, Keopke e Mercure, Willis Williams, Wellin, Boys, Paik e Vostell, sia pur tra divergenze organizzative, competizioni e diversità ideologiche all’interno della sua eterogenea formazione.

I grandi progetti di Maciunas per una concert agency europea vengono ridimensionati da parte di Paik, Higgins e Vostell e, nel giugno 1962 a Dusseldorf, viene presentato Neo-Dada in der Musik, comprendente lavori di LaMonteYoung, Brecht, Higgins, Knowles, Wotts, Riley, Williams, etc

Wiesbaden in settembre ospita quattordici Event; ad Amsterdam la serie di concerti è presentata con il titolo: Parallele auffuhrungen neuester musik; a Londra come The Festival of Misfits.

A Copenhagen viene operata una selezione di giovani sia americani che europei, musicisti ed artisti visivi, i quali interagisco con i fattori tempo, spazio e suono (rumore); seguirà Parigi dove Daniel Spoerri e Thomas Schimdt si uniscono al gruppo con il lavoro teatrale Domaine poetique, quindi Dusseldorf con Boys, Stoccolma e Oslo solo per Allison Knowles e Higgins, Copenhagen e Amsterdam di nuovo nel giugno del 1963, infine Nizza dove il gruppo incontra Ben Vautier.

L’organizzazione delle performances avviene in modo del tutto autogestito. Gli artisti partecipano gratuitamente e si spostano a proprie spese presso le sedi, la maggior parte delle volte locali che Maciunas o qualche amico è riuscito a trovare a prezzi irrisori o gratuitamente nelle varie città.

Il repertorio comprende l’esecuzione di brani di quasi tutti i compositori dell’area Fluxus, ai quali non verranno mai pagati i diritti d’autore.

Non esiste una vera e propria coesione tra i componenti del tour, i problemi e le discussioni che ne seguono contribuiscono alla crescita individuale e collettiva degli artisti stessi, i quali, malgrado la precarietà ed appunto l’indeterminatezza dell’organizzazione, la diffidenza della critica e la mole di lavoro da compiere, riescono negli intenti che si sono preposti: far conoscere una ideologia ed uno spirito di vita che si sposa con l’Arte e con la semplicità culturale di espressione.

(to be continued)

Cristina M. D. Belloni

Sanremo si è concluso da ormai tre giorni, ma nonostante ciò si continua a parlare di questo evento come se fosse ancora presente e com’è giusto che sia.

Alcuni, riferendosi all’evento dell’anno, parlano di fenomeno trash, altri del ritorno del festival di “noi altri”, quello che non si vedeva più da tempo, altri ancora ne hanno un ricordo negativo soprattutto per ciò che riguarda i vincitori, da Diodato a Leo Gassman per la Categoria Giovani.

Tutti quindi, chi in un modo, chi in un altro, ne parlano e questo, che lo si voglia o no, significa che Sanremo anche quest’anno ce l’ha fatta!

Con questo articolo ho deciso di non parlarvi di ciò che è andato o non andato dal punto di vista critico-giornalistico. Voglio parlarvi di chi a mio avviso ha vinto! E voglio farlo da telespettatrice indicandovene quattro di vincitori…

Sul podio ovviamente la coppia Amadeus-Fiorello, o semplicemente due amici che trentacinque anni fa si immaginavano un giorno i conduttori del Festival della canzone italiana. Grazie a loro ha vinto il “rapporto” in tutta la sua essenza, spontaneo, divertente. Finalmente una lodevole amicizia in scena come ha dimostrato l’occhio lucido che spesso ha colpito Fiorello ammirando l’amico fraterno e viceversa.

E poi c’è Rita Pavone, vincitrice non solo per un brano eccezionale a livello musicale e testuale, ma anche e soprattutto perché è venuto fuori dalla sua grinta e dalla sua vitalità il carattere della cantante dal punto di vista artistico. Non è il Ballo del mattone il protagonista, ma questa volta è Rita Pavone con Resilienza 74, una canzone che dice tanto, che vuole comunicare il talento eccezionale di un’Artista con la A maiuscola, scritto peraltro da suo figlio Giorgio Merk. E allora una domanda sorge spontanea… ma non è che ha fatto un po’ paura questo brano? Un conto è infatti il Ballo del mattone, un conto è una cantante settantenne che le giovani cantanti di questo festival, le ha schiacciate sotto ogni aspetto artistico.

Ma il vincitore indiscusso di questo festival è Piero Pelù, non solo per ciò che lui rappresenta da sempre, il cantante rock della nostra Italia, ma soprattutto per una canzone-poesia, Gigante. Il testo parla infatti di bambini, i suoi bambini nipoti, i bambini conosciuti nei carceri minorili e i milioni di bambini uccisi durante l’Olocausto. Bambini giganti, che si affacciano alla vita muovendo i primi passi, ma anche bambini che rinascono, chi perché vuole cambiare ribellandosi alla vita offerta magari dalla propria famiglia, chi perché vive nella nostra memoria storica.

Artisti degni di rimanere impressi nella mente perché hanno vinto per qualità, spontaneità e talento. Aspetti trionfanti nel millennio della “bruttezza ammirevole”.

Maria Pettinato

Il Festival sta per concludersi lasciando di sé il ricordo di una settimana davvero eccezionale dal punto di vista della conduzione, dell’organizzazione, ma anche delle esibizioni come si è potuto constatare prevalentemente dalla terza serata del concorso.

Una puntata all’insegna delle cover e dei duetti in cui sono emersi brani che hanno fatto la nostra storia musicale coinvolgendo così non solo il pubblico del Teatro Ariston, ma anche gli spettatori a casa.

Premiati Tosca, i Pinguini Tattici Nucleari e Piero Pelù i quali hanno spiccato maggiormente sull’Orchestra votante e direi una scelta azzeccata visto il coinvolgimento di pubblico.

A emergere dal mio punto di vista nella serata di coppia musicale sono stati decisamente Marco Masini-Arisa con Vacanze Romane, Levante-Francesca Michielin-Maria Antonietta con Si può dare di più, Enrico Nigiotti-Simone Cristicchi con Ti regalerò una cosa ed Elodie-Aeham Ahmad con Adesso tu, dimostrando quest’ultima il grande carisma che sta manifestando dal primo giorno.

Una terza serata in cui la musica italiana si è unita alla presenza di un altro nostro orgoglio nazionale, Roberto Benigni, portatore di allegria e di quella sana saggezza che può fare solo bene al nostro paese.

Un’Italia tanto stimata come si è potuto notare dai continui elogi della conduttrice albanese Alketa Vejsiu (forse un po’ troppo marcati?) e dalla presenza di Georgina Rodriguez, moglie di Cristiano Ronaldo, troppo serio a detta di Fiorello ieri sera.

Il comico siciliano che per nostra gioia ieri sera era di nuovo in prima fila con i suoi travestimenti e la sua allegria. Una spensieratezza ancora protagonista durante la quarta serata, la serata di Francesca Sofia Novello e di Antonella Clerici, la cui conduzione è spiccata sulle altre probabilmente per le esperienze precedenti a Sanremo o forse per l’ottimo rapporto con l’amico-collega Amadeus.

Una quarta puntata in cui è stato incoronato vincitore delle Nuove Proposte Sanremo 2020 Leo Gassman con il brano Vai bene così. Una vittoria abbastanza contestata da un pubblico prevalentemente orientato verso la finalista Tecla, il quale ha giudicato il risultato finale vedendovi come requisito non la bravura, ma l’appartenenza alla famiglia Gassman.

Una puntata in cui finalmente è arrivato il colpo di scena, come è giusto che sia a Sanremo: l’abbandono del palco da parte di Bugo causato sembrerebbe da una lite tra lui e Morgan sfociata nella modifica del testo da parte di quest’ultimo, le cui parole sono un visibile segno di disprezzo nei confronti del collega.

Il tutto lasciando Amadeus nel totale imbarazzo, una situazione salvata dalla comicità di Fiorello. Un momento inaspettato che rimarrà sicuramente nella storia di Sanremo e che, conoscendo Morgan, è il risultato di una delle sue tante provocazioni mediatiche.

Da aspettarsene ancora tante stasera come detto da Fiorello! Perché il 70° Festival della canzone italiana non è ancora finito.

Maria Pettinato