Loading...
Cerca

Archivio tag: CINEMA AMERICANO

Da vent'anni dentro Matrix | Doppiozero

Ma se ciò che noi pensiamo realtà

fosse pura immaginazione?

Matrix è una trilogia di film di genere fantascientifico-avventura, scritta e diretta dalle sorelle Lana e Lilly Wachowski nel 1999 e prodotta dalla Warner Bros.

Protagonista è Thomas Anderson/Neo (Keanu Reeves), programmatore della Metacortex di giorno, e di notte è un pericoloso hacker. A causa dei suoi illeciti è tenuto sotto osservazione dall’agente Smith (Hugo Weaving), fino a quando non incontra un’altra hackerTrinity (Carrie-Anne Moss) che gli propone di seguirlo per conoscere il suo capo Morpheus (Laurence Fishburne), il quale gli spiegherà tutto riguardo ad una realtà chiamata Matrix.

Neo accetta incuriosito ed ecco che Morpheus lo pone di fronte ad una scelta: continuare a vivere la vita come l’ha conosciuta fino a quel momento optando per una pillola blu o essere trasportato in un’altra realtà, Matrix, optando per la pillola rossa. Neo decide di rischiare e si risveglia in una realtà totalmente diversa, un mondo post-apocalittico del XXIII secolo dove sono le macchine ad avere il controllo su tutto.

Morpheus, Trinity e i loro compagni fanno parte di una resistenza di ribelli che combattono le macchine. Di fatto Morpheus crede di aver finalmente trovato in Neo “l’Eletto”, cioè colui che secondo la profezia dell’Oracolo sarà in grado di codificare Matrix e di distruggerla, liberando così tutti gli esseri umani.

Neo dovrà così avventurarsi in questa nuova e difficile realtà, cercando di trovare la sua strada e la sua missione, misurandosi con i suoi limiti e i suoi dubbi, provando di chi e di che cosa può veramente fidarsi.

A colpire per i tratti caratteriali e psicologici sono decisamente Neo e Morpheus.

Il primo infatti emerge per una spiccata intelligenza, ma anche per le sue doti altruistiche; il secondo è fondamentale nello svolgimento della trama in quanto è colui che conosce perfettamente il modo di Matrix e che quindi offre a Neo la possibilità di liberarlo.

Il film è coinvolgente a livello psicologico e non solo, infatti la visione pone interrogativi esistenziali… Fa pensare alla vera esistenza di Matrix, intesa come mondo parallelo.

Le inquadrature, ricche di azione, riescono a comunicare questo aspetto, accompagnando una sceneggiatura che colpisce l’osservatore perché ricca di suggestioni psicologiche.

Narni Letizia, Acquarone Martina, 1 A Classico

Poster, Quadro Star Wars - Classic su EuroPosters.it

George Walton Lucas Jr., regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e montatore, può definirsi il il creatore del cinema moderno. A emergere in tal senso è il suo più grande capolavoro cinematografico, oltre a Indiana Jones: Guerre stellari o Star Wars, saga trionfale, conosciuto dalle generazioni di tutto il mondo, anche semplicemente per sentito dire.

La Saga è suddivisa in tre film collegati tra loro: Una nuova speranza (1977), L’Impero colpisce ancora (1980) e Il ritorno dello Jedi (1983).

Interessante è il fatto che inizialmente solo 42 sale cinematografiche in tutti gli Stati Uniti accettarono di proiettare il primo episodio, Una nuova speranza, perché la pellicola era ritenuta dalla Fox a rischio di flop. Ovviamente le sale salirono a ben 1750 di lì a poco.

Lucas, desideroso di offrire al pubblico emozioni mai provate prima, è riuscito a colpirlo attraverso effetti speciali a dir poco rivoluzionari per il mondo del cinema, grazie all’utilizzo di un innovativo sistema di ripresa a computer grafica.

A rendere il tutto ancor più suggestivo sono gli effetti sonori curati da molti specialisti dell’epoca. Uno dei suoni più famosi e riconoscibili, quasi un’icona, è quello delle spade laser, che venne realizzato combinando il suono emesso da un vecchio proiettore con quello dell’interferenza di un televisore su un microfono non schermato.

A sorprendere il pubblico fu soprattutto il cambio di frequenza derivato dal movimento dell’arma durante i combattimenti. Tanto che, sebbene negli anni abbia subito diverse modifiche e migliorie, rimane la base del suono delle spade anche nella Trilogia Sequel degli anni 2000.

Il primo film ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui dieci candidature ai Premi Oscar nel 1978, vincendone sette (tra cui miglior montaggio, migliore scenografia, migliori costumi, migliori effetti speciali, miglior colonna sonora e miglior sonoro). Nel 1998, l’American Film Institute ha inserito Star Wars al 1º posto dell’AFI’s Years of Film Scores. Nel 2007, lo stesso organo ha collocato il film al 13º posto nella sua lista dei 100 migliori film statunitensi di tutti i tempi.

Anche la colonna sonora del film, composta da oltre quaranta brani inediti scritti da John Williams ed eseguita dalla London Symphony Orchestra, ha contribuito a rendere famosa è inconfondibile l’opera ricevendo due dischi di platino e due Grammy Award negli Stati Uniti e nel Regno Unito e  cinque oscar nel 1972, 1976, 1978, 1983 e 1994. 

La tecnica per unire i brani tra loro senza stacco è quella del letimotion ovvero mediante un tema ricorrente. La colonna sonora si ispira a opere di grandi compositori classici come Prokofiev e Strauss, per questo alcuni critici hanno etichettato Williams come “poco originale”. Essendo però obiettivo del compositore quello di richiamare brani del passato, Williams considerò le contestazioni come dei veri e propri complimenti!

Ma andiamo a vedere nel dettaglio i tre film, per chi non avesse ancora visto questo capolavoro del cinema!

Una nuova speranza

In una galassia lontana regna un ostile Impero Galattico capitanato dall’Imperatore e dal suo apprendista Sith Darth Vader, ovvero un utilizzatore del Lato Oscuro della Forza armato di spada laser, responsabile della maggior parte delle uccisioni dei Jedi, che sono la controparte buona dei Sith, dall’ascesa dell’Impero. La Forza, utilizzata sia dai Jedi sia dai Sith, è un qualcosa di sovrannaturale che unisce tutte le cose viventi, mantiene unita la galassia e si divide in Lato Oscuro e Lato Chiaro. In contrapposizione al malvagio Impero vi sono i Ribelli, alcuni dei quali, durante una missione, sono venuti in possesso dei piani della Morte Nera, una stazione spaziale in grado di polverizzare un intero pianeta, con i quali avrebbero potuto distruggerla.

Tuttavia, durante la fuga, questi vengono abbordati da Vader. La principessa Leila affida i file all’astrodroide R2D2 insieme ad una richiesta d’aiuto per il superstite Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi. R2D2, accompagnato dal droide C3po, scappa con un guscio di salvataggio su Tatooine, dove incontra Luke Skywalker, un giovane orfano che riesce ad ascoltare parte della richiesta d’aiuto rivolta ad Obi-Wan. Pertanto decide di rivolgersi a Kenobi, che, sentita tutta la registrazione, apprende di dover portare R2D2 presso Alderaan, per l’estrazione dei file. Obi-Wan decide di portare il ragazzo con sé per addestrarlo come Jedi e per aiutare la ribellione. Nel frattempo Darth Vader e il Grand Ammiraglio Tarkin decidono di varare l’arma contro il pianeta natale della ribelle, Alderaan, polverizzandolo totalmente. Obi-Wan e Luke giungono al pianeta indicato con l’aiuto di due contrabbandieri, Han Solo e Chewbacca, tuttavia, anziché trovarlo, incappano nella Morte Nera che li cattura. Lì trovano la principessa Leila imprigionata e la salvano, ma nella fuga vengono intercettati da Darth Vader che sconfigge in duello Obi-Wan. Gli altri riescono a scappare e si recano nella base ribelle, dove Luke si unisce alla ribellione, la quale organizza un attacco contro la base imperiale. Obi-Wan compare in voce a Luke e, grazie al suo aiuto, il ragazzo riesce a distruggere la stazione spaziale imperiale. L’Alleanza Ribelle ha salvato moltissimi pianeti annientando questa potentissima arma, ma la guerra contro l’Impero è appena iniziata.

L’Impero colpisce ancora

Darth Vader scova la base dei ribelli, i quali, appena in tempo, riescono a fuggire. Luke, sotto consiglio di Obi-Wan, si reca presso Dagobah per completare l’addestramento Jedi dal Grande Maestro Yoda. Una volta giunto, il ragazzo fa la conoscenza del Maestro, a cui rivela di voler addestrarsi soprattutto per via di suo padre, un potente Jedi risalente alle Guerre dei Cloni. Durante l’addestramento, Yoda rivela a Luke che l’apprendista di Obi-Wan era Darth Vader, un tempo un jedi che poi è ceduto al Lato Oscuro. Più lontano, l’Imperatore e il suo apprendista sono preoccupati perché temono che il giovane Jedi possa vincerli, dato che sono certi si tratti del figlio di un certo Anakin Skywalker. Nel frattempo Leila, Han e Chewbacca si trovano a scappare con il Millennium Falcon presso un pianeta apparentemente sicuro: quello di Lando Calrissian, un contrabbandiere amico di Solo. Tuttavia, lì, è già giunto Darth Vader che cattura i ribelli, congela nella grafite Han e lo consegna a Jabba The Hutt, un vecchio contrabbandiere nemico di Solo, e  attende che Luke vada a salvarli. Come previsto, il giovane percepisce che i suoi amici sono in difficoltà e si dirige verso il pianeta di Bespin, nonostante Yoda e Obi-Wan gliel’avessero sconsigliato temendo che potesse essere sconfitto o che cedesse al Lato Oscuro. Luke, però, parte promettendo di tornare per completare l’addestramento. Il ragazzo giunge su Bespin e duella con Darth Vader, che gli rivela di essere suo padre e tenta di portarlo dalla sua parte, ma il giovane Skywalker è determinato a resistere. Viene recuperato giusto in tempo dal Millennium Falcon, guidato da Leila, Chewbacca e Calrissian, che erano riusciti a scappare. Infine insieme si dirigono verso la nuova base ribelle.

Il ritorno dello Jedi

L’Impero sta costruendo una nuova Morte Nera, che segnerebbe la fine della ribellione. Nel frattempo Luke si reca presso il palazzo di Jabba The Hutt e salva Han Solo, con l’aiuto di alcuni ribelli infiltrati. Fatto ciò, come promesso, il giovane Jedi fa ritorno su Dagobah per completare il suo addestramento. Lì trova Yoda, che gli dice che deve ancora fare un’ultima cosa per diventare uno Jedi: confrontarsi con Darth Vader. Inoltre il Grande Maestro riesce a comunicargli che c’è un secondo Skywalker, poi, data la vecchiaia, la vita lo abbandona. Obi-Wan appare a Luke e gli dice che, se necessario, dovrà uccidere Darh Vader, ma il giovane, una volta scoperto essere suo padre, non ne vuole sapere. Inoltre Kenobi gli rivela l’identità del secondo Skywalker: Leila. I due erano stati nascosti dal padre appena nati, poi divisi e affidati a persone diverse su pianeti diversi, affinchè l’imperatore non potesse trovarli. L’Alleanza Ribelle scopre che la nuova Morte Nera si trova sulla luna boscosa di Endor. Pur non essendo ancora del tutto operativa, la seconda Stazione Imperiale è protetta da uno scudo di energia situato sulla luna; distruggere quel generatore è fondamentale se si vuole attaccare la Morte Nera. Pertanto Luke, Chewbacca, Leila e Han si recano su Endor per disattivare lo scudo energetico, per poi permettere alla squadriglia di Ala-x, i caccia ribelli, di attaccare. Darth Vader percepisce la presenza di Luke sulla luna e decide di recarsi lì per catturarlo. Tuttavia anche il giovane Jedi avverte il pericolo incombere, quindi, per salvare i suoi amici, opta per consegnarsi al padre. Il giovane rivela ciò che ha appreso a Leila, che rimane esterrefatta e non vuole che il fratello vada da Lord Vader, ma lui è determinato nella sua intenzione: portare il padre nuovamente sulla via dei Jedi. Tuttavia il tentativo si rivela fallimentare  e Luke viene condotto sulla Morte Nera dall’Imperatore, che tenta di convircerlo di passare al Lato Oscuro. Nel frattempo i ribelli su Endor non sono riusciti a distruggere lo scudo e l’attacco degli Ala-x si sta trasformando in un suicidio. Il giovane, nonostante stia vedendo il fallimento dell’Alleanza, né cede né vuole duellare col padre. L’Imperatore, scocciato, è deciso a uccidere lo Jedi, ma Vader, mosso dai sentimenti per il figlio, si rivolta al despota e lo butta direttamente nel reattore principale della Morte Nera, la quale inizia a collassare. Vader è in fin di vita per il duello col potente Imperatore e, per la prima volta, si leva la maschera e guarda con i suoi occhi suo figlio. Luke ci è riuscito: ha fatto tornare in vita Anakin Skywalker, che si celava dietro Darth Vader. Il giovane Jedi prende il corpo ormai senza vita del padre, lo mette su una navetta e scappa appena prima che la Morte Nera esploda. Una volta giunto sul pianeta ribelle, iniziano i festeggiamenti per la vittoria e poi vi è il funerale del padre di Luke. Proprio in quel momento appaiono Obi-Wan, Yoda e Anakin Skywalker da giovane. L’imperatore è morto assieme a Darth Vader, mentre lo spirito di Anakin rimarrà per sempre. L’Alleanza Ribelle ha segnato così il declino dell’Impero Galattico, che, di lì a poco, cadrà definitivamente.

Niccolò Parisi, Cavanna Margherita, Raimondo Giulia, 1A Classico

Le Piccole donne di Greta Gerwig prenotano l'Oscar 2020 - Amica

Piccole Donne è un film diretto da Greta Gerwig e uscito nel 2019 e il 9 gennaio 2020 in Italia.

Ispirato all’omonimo libro della scrittrice statunitense Louisa May Alcott, nota principalmente come l’autrice della tetralogia di libri per ragazzi Piccole donne composta da due volumi usciti rispettivamente nel 1868 e nel 1869 ed editi dalla casa editrice Roberts Brothers.

Il film, stupefacente già solo per il cast che lo compone, tratta della storia delle quattro sorelle March, Meg (Margaret), Jo (Josephine), Beth (Elizabeth) e Amy, le quali vivono nella loro casa a Concord (USA) insieme alla madre (Marmee March), mentre il padre è in guerra come cappellano del fronte.

La protagonista principale, proprio come nel romanzo, è Jo March (Saoirse Ronan), giovane insegnante che tenta di farsi strada nel mondo della scrittura senza però ottenere grossi risultati per il semplice fatto di essere donna. Ma nonostante sia lei il personaggio principale, nella trama spiccano anche le quattro sorelle con le loro vite fatte di amori e di difficoltà, di sofferenze e di esperienze.

Oscar 2020: Piccole Donne conquista l'Academy e ottiene 6 nomination! -  Movieplayer.it

Caratteristiche presenti nel romanzo autobiografico in cui emergono difatti le difficoltà economiche della scrittrice che, nonostante un’egregia istruzione privata, fu costretta a lavorare fin da giovane come insegnante occasionale o sarta; così come ad influire nel cambiamento psicologico della donna è la morte della sorella Lizzie, per non parlare del fatto che all’epoca essere una donna non era facile, soprattutto se si voleva far carriera come Louisa May Alcott-Josephine March. 

Un film che rispecchia in tutto e per tutto il libro della Alcott, con una sola differenza: il tempo della storia, infatti il film non inizia a Natale come il romanzo. Nonostante ciò rimane un capolavoro coinvolgente, degno di nota per la gradevolezza e la pura bellezza che trasmette.

A dimostrarlo sono i numerosi premi vinti come il Critics’ Choice Movie Award alla migliore sceneggiatura o il New York Film Critics Circle Award alla miglior attrice non protagonista per citarne solo alcuni e le varie candidature (Oscar al miglior film e alla migliore colonna sonora, Critics’ Choice Movie Award al miglior compositore e al miglior cast, Golden Globe per la migliore colonna sonora originale, Producers Guild of America Award alla migliore produzione di un lungometraggio cinematografico… )

De Ghetaldi Emma, Gonella Laura, 1 B Classico

Laurence Anyways - Film (2012) - MYmovies.it

Laurence Anyways (2012) – il terzo tra i lungometraggi realizzati dal giovanissimo Xavier Dolan – si potrebbe banalmente catalogare come la rappresentazione del percorso di transizione di Laurence che, da uomo, decide di riconoscersi come donna.

Complessivamente, però, sarebbe forse più corretto considerarlo la rappresentazione di due persone che si amano ma che non possono più stare insieme, sebbene non riescano ad accettarlo.

Il percorso di cambiamento di Laurence (Melvil Poupaud) è tallonato dagli stravolgimenti che vive Fred (Suzanne Clément) a seguito di questa svolta nell’uomo amato. Nella loro vita di coppia fatta di risate simbiotiche, elettrica libertà ed esuberanza si impone una necessità di quiete; lo stesso silenzio che chiede Laurence a Fred per trovare il coraggio di dichiararle ciò che pensa, mentre lei, euforica come sempre quando sono insieme, non riesce a zittirsi.

La transizione di Laurence sembra passare quasi inosservata negli eccentrici anni Ottanta: i suoi studenti la accettano all’istante, amici e colleghi la supportano e si interrogano con ammirazione sulla sua esperienza.

Ma passerà poco tempo prima che Laurence si renda conto di essere in realtà diventata una creatura ai margini della società. In modo bruto e violento verrà infatti allontanata, sia metaforicamente che letteralmente, a più riprese nel corso del film, e la sua condizione le crollerà addosso inaspettatamente, di colpo: “ecce homo”, come lei stessa esplicita dopo uno dei primi segnali di scherno che le saranno rivolti, ingiustamente condannata per la sua condizione esistenziale.

Laurence sceglie di rifugiarsi dalla sua compagna, trovandosi allontanato anche dalla famiglia di provenienza. Se la madre fatica a comprenderla, tra Laurence e il padre sembra frapporsi una cortina d’incomunicabilità.

Laurence Anyways e il desiderio di una donna... - Wikipedia

Sebbene all’inizio si dimostri reticente a comprendere, Fred sceglie di sostenere Laurence nella sua scelta. Anche lei ostacolata dalla madre e dalla sorella, che non comprendono la sua scelta, decide di cullare la persona amata in questa fase così critica della sua vita.

Fred la vizia, la rallegra, le promette di essere al suo fianco nella sua rivoluzione; ma, suo malgrado, nonostante la buona volontà, non riesce a reggere la pressione del contesto. Fred cerca momenti di riflessione, si allontana a più riprese da Laurence per poi tornare, dopo aver raccolto le forze.

In uno di questi momenti, quello dell’eccentrica festa detta Cinébal, Fred si traveste per concedersi un momento di
evasione e spensieratezza. Il suo gesto assume però un valore completamente diverso da quello di Laurence: per la prima il travestimento è una parentesi di divertimento, per la seconda la trasformazione è una necessità interiore.

Già l’inizio del film anticipa l’atmosfera che caratterizzerà i minuti successivi. L’inizio, un dialogo su sfondo nero che precede il visivo, può facilmente risultare simbolico: le immagini si svelano difatti a poco a poco, così come fa Laurence nel corso del film.

Laurence Anyways – Dostoevskij e dintorni

Il regista, anche sceneggiatore, sceglie di non mettere in scena il momento in cui Laurence confessa alla compagna di voler diventare donna. Lo spettatore vede solo il prima e il dopo, senza poter assistere all’evento scatenante.

Una scelta che, per quanto azzardata possa apparire, permette di percepire le conseguenze del momento come ulteriormente inaspettate e caustiche: nessun crescendo ci porta a quell’esplosione, motivo per cui appare ancora più forte.

Terzo film del promettente giovane autore e regista canadese, Laurence Anyways è il primo in cui non recita (se si esclude un quasi impercettibile cameo nella scena del Cinébal).

Dolan, già noto per la sua abitudine a lavorare con determinati interpreti che si ripetono nei suoi film, sceglie in questo caso di collaborare con alcune delle sue “attrici feticcio”: Suzanne Clément (qua Fred), già comparsa nel film d’esordio Ja’i Tué Ma Mère e in Mommy, e Monia Chokri (Stéfanie Belair, sorella di Fred), co-protagonista assieme allo stesso Dolan in Les Amours Imaginaires.

Troviamo inoltre alcuni temi e situazioni narrative cari al regista, come il topos dell’incomunicabilità, i dialoghi urlati (qua come in J’ai Tué Ma Mère) e l’espediente del tè riconciliatorio (qua tra Fred e Laurence, in Les Amours Imaginaires tra Francis e Marie).

Non meno importanti, molti stilemi registici tipici di Dolan compaiono anche in questo lungometraggio, come il ricorso al ralenti e l’insistenza sui primi piani. Soprattutto, troviamo in Dolan la tendenza a esplicitare sensazioni e metafore: ad esempio, quando Fred è sconvolta, il regista sceglie di ritrarla imperturbabile, nel suo elegante salotto, mentre un travolgente getto d’acqua proveniente dall’alto la colpisce.

Probabilmente, proprio il suo stile ben definito e la sua vicinanza a temi della comunità LGBT+ lo rendono il regista più idoneo a narrare per immagini una vicenda del genere, creando una commistione di intimità e lirismo, fragilità e passioni viscerali che caratterizzano Laurence Anyways, rendendolo unico nel suo genere.

Eleonora Noto

Psycho (1960) - Rotten Tomatoes

Psycho, o meglio conosciuto in Italia come Psyco, è un thriller americano realizzato nel 1960 dal regista Alfred Hitchcock.

Un vero e proprio capolavoro, tanto da essere passato alla storia come un effettivo cult movie, al quale furono successivamente ispirate altre pellicole.

Il film vede come sua protagonista Marion Crane (Janet Leigh), giovane e bella segretaria di un’agenzia immobiliare, la quale ha intrapreso da diverso tempo una relazione sconosciuta agli occhi del mondo con Sam Loomis (John Gavin), imprenditore e proprietario di una ferramenta non molto distante dalla città di residenza della propria amata, ovvero Phoenix, in Arizona.

Tutto ha inizio l’11 novembre 1959 quando Marion, in seguito a uno dei suoi soliti incontri segreti con Sam durante la pausa pranzo, fa ritorno presso il proprio ufficio, luogo in cui ha occasione di assistere a un ottimo successo lavorativo del proprio capo che si è concluso con un affare di £ 40.000 per l’acquisto di un’abitazione.

Alla protagonista è affidato il compito di portare tale cifra di denaro in banca, mansione che tuttavia non svolgerà mai in quanto, grazie alla scusa di una terribile emicrania, riesce ad ottenere un pomeriggio di ferie che sfrutterà per fuggire verso la città dove risiede il proprio compagno.

A causa di un’improvvisa e violenta pioggia però la ragazza non giungerà mai a destinazione in quanto si imbatterà nell’insegna del Bates Hotel, luogo in cui avverrà il suo memorabile assassinio.

Omicidio rimasto nella storia del cinema, ma soprattutto nella memoria collettiva per la cosiddetta “scena della doccia”, leggendaria e ancora oggi da brividi.

78/52, la scena della doccia di Psycho, la lezione di Alfred Hitchcock |  CameraLook

Una scena in cui il regista, astuto e di mestiere, non inquadra mai l’evidente accoltellamento della ragazza, ma lo lascia intendere allo spettatore contribuendo così all’alimentazione dello scenario di tensione che caratterizza l’intero film.

E ancor più indimenticabile perché inscritta nella sfida economica che Hitchcock dovette affrontare per la produzione della famosa pellicola. Il regista infatti dovette girare un film di qualità con mezzi limitati e in una forbice temporale ristretta.

Psycho infatti si ispirò all’omonimo romanzo di scarso valore dello scrittore Robert Block, tradotto in italiano come Il passato che urla, il quale vede come suo protagonista un serial killer realmente esistito, ovvero Edward Gein, il quale, sempre presso il territorio statunitense, uccise due persone e fece dei loro corpi degli ornamenti per la propria dimora.

La casa di produzione cinematografica Paramount Pictures, la quale aveva con Hitchcock un contratto per la realizzazione di un altro film, rifiutò, proprio per l’insuccesso del romanzo, l’offerta mossa dal regista di comprare i diritti cinematografici del thriller di Bloch.

Ecco che quindi Hitchcock si vide costretto a provvedere al loro acquisto autonomamente, spendendo oltre 10 mila dollari.

Scelta rischiosa che lo spinse a rendere il film meno violento di come lo aveva inizialmente immaginato dalla lettura del romanzo, pur di avvalersi del finanziamento della Paramount la quale, con un budget di appena $ 806. 947 e un limitato lasso di tempo, decise infine di cedere alle richieste del maestro.

Psycho” e l'emozione di massa del cinema autoriale | Cinefilia Ritrovata |  Il giornale della passione per il Cinema

In cambio il regista assicurò il bianco e nero, in quanto un film a colore avrebbe rischiato di essere troppo crudo e violento verso lo spettatore.

Le riprese ebbero luogo presso un’ambientazione appartenente alla Universal Studios, precedentemente impiegata per la realizzazione del film, situata ad Hollywood nella quale l’edificio dall’architettura gotica, ispirato al quadro The House by the Railroad (1925) di Hopper, si palesa come protagonista. 

Nelle immagini del film non si può fare a meno di notare la penna del maestro, la quale si manifesta grazie all’attenzione psicologica circa i fatti illustrati: il regista infatti scelse volontariamente di attribuire poca importanza alla personalità e al carattere dei personaggi per concentrarsi sulla creazione di un’atmosfera di suspense a partire da elementi quasi del tutto insignificanti e attraverso la perfetta coniugazione di strumenti cinematografici.

Interessante è il ricorso al tema del doppio ad esempio, tipico della produzione cinematografica del regista, con lo scopo di attirare a sé l’attenzione dello spettatore: la sessualità intesa come peccato o massima espressione dell’amore, il bianco contrapposto al il nero, la follia all’accortezza, la confusione mentale alla chiarezza del pensiero ecc…

Uno dei motivi per cui Psycho ha riscontrato tale successo, come attesta il ricordo collettivo, oltre al Premio Oscar di cui si è avvalso nel 1961, è stato sicuramente il significato psicologico che sta dietro alla trama.

78/52, la scena della doccia di Psycho, la lezione di Alfred Hitchcock |  CameraLook

Dando uno sguardo più profondo e attento ai dettagli – anche a quelli più apparentemente insignificanti – si può infatti notare come il film lavori nella nostra mente senza che noi ce ne rendiamo conto.

Ciò su cui l’autore ha mirato principalmente a far leva è la sensibilità.
Il film in sé, per quanto ci possa sembrare assurdo, negli anni Sessanta era qualcosa di terrificante.

Per comprendere l’importanza della reazione e della volubilità degli spettatori basti pensare alla scelta del bianco e nero o al taglio di scene ancor più crude.

Uno sguardo accurato incide sui personaggi e in particolare a quello di Norman Bates (Anthony Perkins), protagonista dell’intera vicenda.

È un soggetto con molteplici disturbi, causatogli dai vari problemi familiari. La mancanza del padre in età infantile lo ha condotto ad attaccarsi in maniera eccessivamente morbosa alla madre, sviluppando con ella una sorta di complesso edipico.

Norman è infatti invidioso del compagno della madre e dopo la morte della stessa inizia a provare una forte pazzia che lo porta a travestirsi, atteggiarsi e, addirittura, parlare come la figura materna.

Un comportamento a dir poco agghiacciante capace di aiutare il giovane uomo a staccarsi dalla realtà e, nella sua testa, a riportare in vita la defunta madre.

Questo travestimento diventa talmente risonante da impossessarsi di lui diventando un acceso e pesantissimo disturbo della personalità.

La “madre” dunque desidera essere l’unica donna nella vita di Norman, sviluppando una gelosia tale da uccidere qualunque signora accanto al figlio.

Considerato dalla critica come il “capostipite” dei generi horror e thriller, non è un caso che Hitchcock sia da molti definito il Mozart dell’arte cinematografica.

Rossi Giulio, Rossi Eleonora, Zerbone Stefanì Ginevra, 2 A Classico

TROY in televisione: recensione del film con Brad Pitt | MaSeDomani

Troy, diretto da Wolfgang Petersen, è un film epico/drammatico uscito nelle sale cinematografiche il 9 maggio 2004.

Un film ambientato in un’epoca antica, leggendaria e affascinante e che per questo ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica confermato dai molti premi vinti tra cui il premio Oscar ai migliori costumi e l’MTV MOVIE AWARD al miglior combattimento e alla migliore performance (2005) per citarne alcuni.

L’opera di Omero, l‘Iliade, narra gli ultimi cinquantuno giorni della decennale Guerra di Troia, ed è da questa che David Benioff, sceneggiatore del film, si ispira per la realizzazione di Troy.

Il film narra infatti la famosa guerra svolta tra i Greci e i Troiani causata, secondo la mitologia omerica, dal rapimento di Elena da parte di Paride.

Il protagonista Achille, interpretato dal pluripremiato Brad Pitt, è l‘incarnazione della perfezione come dimostrano le caratteristiche che lo rendono così esemplare: bello, possente, audace e valoroso.

Ad emergere le due personalità contrastanti dei due fratelli: Ettore e Paride.

Troy - Film (2004)

Simbolo di forza e di coraggio il primo (Eric Bana), emblema di codardia il secondo (Orlando Bloom), come dimostra la sua fuga da Menelao, che nel poema di Omero spinge la dea Afrodite ad intervenire e a nasconderlo sulla torre di Troia.

Questo però non avviene nel film di Benioff il quale, volutamente, ha eliminato dalla trama l’elemento soprannaturale.

Manca infatti nel film la presenza di divinità, così come non è presente la morte epica di Achille: essa non avviene colpendo il tallone, ma la sua uccisione è totalmente “umana”.

Troy: recensione di una grande occasione persa - Cinematographe.it

Attraverso inquadrature di calibro elevato e ricche di effetti speciali Troy è riuscito nel suo intento, offrendosi come un vero e proprio capolavoro cinematografico.

Un film da riguardare perché coinvolgente e capace di suscitare emozioni, soprattutto nelle scene salienti ed iconiche, ma soprattutto un film riuscito nel tentativo di comunicare l’epica in modo originale ad un pubblico moderno.

Casano Giovanni Maria, 1 B Classico

The Breakfast Club (1985) - IMDb

The Breakfast Club è una commedia drammatica diretta dal regista John Hughes, produttore tra i tanti, di film popolari come Sixteen Caudles, Pretty Pink e Day Off.

Girato negli Stati Uniti del 1985 e ambientato in un quartiere immaginario di Chicago (già presente in altri film di Hughes), parla di cinque ragazzi: Claire, Andy, John, Brian e Allison.

Molto diversi tra loro si ritrovano tutti in punizione un sabato pomeriggio con il compito di scrivere un tema affidato loro dal preside Vermon, la cui traccia è la seguente: “chi sono io?”.

Ed è così che gli adolescenti si scoprono per quello che sono, con i propri pregi e difetti e i propri problemi.

Ad emergere sono infatti le vere personalità dei protagonisti:

Breakfast Club (film) - Wikipedia

da Claire (Molly Ringwald), la classica “principessina” invidiata e apparentemente superficiale, che in realtà nasconde dietro alla sua corazza una grande sofferenza per il divorzio dei genitori a Allison (Ally Sheedy), la ragazza eccentrica e sola, emarginata dai suoi compagni e dalla sua famiglia.

E poi ci sono Andy (Emilio Estevez), l’atleta più dotato dalla scuola, sofferente perché pressato dal padre e Brian (Anthony Michael Hall), anche lui sempre sull’attenti, sempre perfetto, tanto da tentare il suicidio per le continue sollecitazioni e infine John (Judd Nelson), il classico cattivo ragazzo, vittima della violenza del padre.

Un gruppo di giovani diversi tra loro, ma che si scopre unito da una profonda amicizia e da una sintonia quasi fraterna.

Ne viene fuori una commedia – a tratti drammatica – piacevole, e allo stesso tempo ricca di spunti di riflessione.

15 Most Memorable Quotes From The Breakfast Club | ScreenRant

Emergono infatti problemi molto comuni tra gli adolescenti dell’epoca e di oggi come l’oppressione genitoriale, la paura dell’abbandono, la pressione sociale, la sensazione di non conoscere se stessi e la violenza domestica fisica e psicologica.

Un film capace di toccare le anime di molte generazioni e che, per questo, si è valso di importanti premi come l’MTV Movie e Tv Awards nel 2005 e il National Film Preservation Board Usa nel 2016, per citarne solo alcuni.

E siamo sicure che ne vincerà tanti altri, anzi glielo auguriamo!

Gazzano Alessia e Quaranta Chiara, 1 A Classico

Si dice che ci sia un tempo per ogni cosa e, per Richard Gere, gli “anta” sono tempi assai fortunati.

Nell’immagine collettiva, probabilmente, ci si ricorda dell’attore in età matura più che in gioventù, un attore nato “buono” che ha molto spesso interpretato ruoli da innamorato con gli occhi a cuoricino in commedie rosa o drammatiche.

In Autumn in New York, pellicola del 2000 diretta dalla regista Joan Chen, Gere viene mostrato meno romantico del solito.

Nel film si allude ad un altro cliché, quello che presenta la borghesia americana come custode di vizi.

Il protagonista Will Keane (Richard Gere) è un famosissimo chef e anche un inguaribile dongiovanni (certo, mi direte, fino a quando non incontra l’amore vero) e non è facile per lui riconoscere un sentimento importante tra le mille donne che gli passano sotto il naso.

E il lieto fine? Non funziona sempre tutto come in Pretty Woman.

Quella che apparentemente si presenta come una commedia romantica da guardare sul divano per alleggerire un po’ l’atmosfera cambia registro prima di tutto sulla base del confronto tra la diversità caratteriale della protagonista femminile, Charlotte, interpretata da Winona Ryder e le cattive abitudini di Will.

Charlotte è una giovanissima ragazza di ventidue anni che sembra essere cresciuta in un batuffolo di neve: vive con la nonna tra perline e cappellini artigianali, ma sotto il suo sorriso smaliziato e due occhioni scuri qualcosa rende viva e tangibile ogni sua parola.

Nessuna chioma fluente e sensuale ma un nerissimo pixie cut fa risaltare la sua pelle diafana e la sua figura corporea fragile e minuta. La sincerità, nella voglia di mangiarsi il mondo, è il risultato di una grave malattia incurabile che presto la porterà via dal mondo terreno.

La giovane è un filo sottile tra il presente e il passato dello scapolo più ambito di New York.; la sua presenza porterà a galla fantasmi che Will aveva sedato e riposto nel dimenticatoio e adesso tornati per una resa dei conti senza esclusione di colpi.

Ma cosa sono i vizi se non malattie dell’anima? Will lo sa bene e ci convive
tradendo la fiducia di chi diceva di amare e per la quale affermava di essere
cambiato confermando quella sensazione di tragedia annunciata a cui lo
spettatore incredulo sperava di non dover assistere.

Le donne intorno a Will sono troppe e pretenziose, ma non tutte rivendicano la stessa ragione. L’atmosfera tipica dell’autunno newyorkese, i colori caldi e brillanti, riscaldano la prima parte del girato per poi raffreddarsi e schiarirsi nella neve man mano che avanza l’inverno.

Un naturale cambio di stagione che allude a quel ciclo vitale che noncurante del nostro permesso sopravvive.

Desirée Formica

Chloe di Atom Egoyan è il nome scelto per il remake americano di Nathalie (2009), versione francese del 2003 scritta e diretta da Anne Fontaine.

La ginecologa Catherine Stewart, interpretata da un’eccezionale Julienne Moore, organizza una festa di compleanno a sorpresa per il marito David (Liam Neeson), un professore di musica.

Gli invitati sono arrivati e si attende solo l’arrivo del festeggiato ma la donna riceve una chiamata nella quale lui le comunica di aver perso l’aereo di ritorno.

Il giorno seguente Catherine trova sul cellulare del marito un messaggio inviatogli da una studentessa: “grazie per la bella serata, baci” e in allegato una foto in cui sono insieme in atteggiamenti amicali, cosa che inizia a far sospettare la donna su un presunto tradimento del marito.

Il figlio Michael (Maximillion Drake Thieriot) non fa che peggiorare la situazione: è schivo con la madre, ha un atteggiamento tipicamente adolescenziale, porta la fidanzata a casa di nascosto e infrange le regole di buona convivenza. In un dialogo tra Catherine e un amico si deduce che Michael in passato possa avere avuto qualche leggero problema a livello neurologico.

Una famiglia-modello acclamata e invidiata anche dalla stampa con un positivo equilibrio tra carriera e famiglia in realtà si sta disfacendo dentro quel loft curato davanti agli occhi impotenti della matriarca.

In una cena tra amici Catherine, entrata alla toilette, e sentendo piangere una ragazza le chiede se va tutto bene ed è lì che iniziano a parlare: un’interazione minima che per Chloe (Amanda Seyfried) sembra necessaria.

Finge infatti di aver trovato a terra una spilla per capelli e chiede a Catherine se fosse sua ma lei risponde di no. Allora la ragazza gliela porge regalandogliela ma la donna rifiuta gentilmente e torna dal marito in sala. Questa preziosa spilla sarà il simbolo di un legame tra le due donne che non è destinato a spezzarsi.

Chloe è una ragazzina di facili costumi e Catherine se ne accorge osservandola al tavolo con un uomo che sembra avere più anni di lei. Ha lo sguardo spento seppur gli occhi grandi esprimano un forte bisogno di attenzioni.

La moglie del professore intuisce di poter usare questo legame per scongiurare l’inclinazione al tradimento del marito.

Le due donne si accordano per vedersi e decidere le dinamiche di questa prova di fedeltà ma già al primo incontro tra Chloe e David le notizie non sono tranquillizzanti: la ragazza racconta a Catherine di averci flirtato fino a farlo cadere in tentazione.

Il piano continua così come gli presunti incontri tra i due amanti che vengono narrati minuziosamente alla moglie. Catherine sprofonda nelle sue stesse insicurezze fino al punto di vedere in Chloe un espediente per non rovinare definitivamente il suo matrimonio.

La ragazza dai lunghi capelli biondi diventerà lo specchio di quell’amore intenso che l’ha spinta a sposarsi: un amore carnale che adesso si alimenta attraverso il corpo di una terza persona.

Il filo rosso di questa tela fatta di sensazioni implose è lo sguardo, tutto il non detto è espresso magnificamente dalla capacità interpretativa degli attori. La conoscenza tra Cloe e Catherine inizia in un ristorante e finisce (almeno per quest’ultima) in un caffè.

I coniugi sono seduti a un tavolo e Catherine aspetta che arrivi Chloe che scappa fuori, David chiede a Catherine chi fosse quella ragazza ed è in questo momento che viene svelata la grande menzogna: Chloe non aveva mai incontrato né visto quell’uomo, quelle storie sui loro incontri erano false e servivano a Chloe affinché Catherine non sparisse dalla sua vita.

La ragazza sembra essersi legata così tanto alla ginecologa da sviluppare una sorta di dipendenza affettiva generatrice di vendetta. Approfitterà infatti del ritardo di Michael per creare un flirt e ledere così l’equilibrio della famiglia che la coppia di sposi aveva da poco ritrovato.

Desirée Formica