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Monthly Archives: Gennaio 2020

“Ha rubato, per carità, però il suo prezzo lo ha pagato caro”, “Bettino Craxi?Un ladro! È morto come meritava”, “Ci è andato di mezzo solo lui, invece i veri colpevoli hanno vissuto da eroi.”

Quante volte abbiamo sentito queste frasi, noi generazioni nate negli anni Ottanta che quel periodo storico lo abbiamo vissuto, ma non lo ricordiamo.

E quante volte pensando a lui, a ciò che ha fatto, abbiamo compreso che in realtà quello era solo l’inizio di una lunga fase, attuale oggi più che mai, della nostra politica.

La politica delle “mani pulite”, di chi aveva tradito ma non lo ammetteva, di chi si eleggeva deputato leale ma in realtà poi non lo era, di chi parlava dicendo ciò che gli veniva suggerito, e di chi invece così… da un giorno all’altro era il solo colpevole, il solo ladro, il solo traditore.

Una verità che fa male, sbattuta in faccia da Gianni Amelio, regista e sceneggiatore di Hammamet, il quale decide di non presentarci un’opinione, ma semplicemente la storia di Bettino Craxi persona.

Una caduta la sua che già si presenta all’inizio del film nel massimo momento di gloria del socialista che, come gli altri personaggi del film, non viene mai chiamato per nome.

È il quarantacinquesimo Congresso del PSI, Craxi è dirompente, imperniato di egocentrismo e di quella persuasione comunicativa che rende la politica così bella e suadente per chiunque l’ascolta.

Ma già in quell’occasione qualcosa non quadra, la tragedia è negli occhi di Vincenzo-Sergio Moroni (Giuseppe Cederna), nelle bandiere rosse che cadono a terra e nei tulipani scoloriti, presagi di disfacimento.

E poi improvvisamente l’uomo anziano, non più altezzoso, non più giacca e cravatta, non più paroliere, ma semplicemente una persona, sola, dall’umore altalenante, malata, ridicolizzata da un sistema malsano, rassegnata al destino che con rammarico ha dovuto scegliere, l’esilio.

Una ricostruzione reale sui sentimenti vissuti da Bettino negli ultimi mesi della sua vita, conclusasi nel silenzio il 19 gennaio 2000 nella sua “fortezza” blindata ad Hammamet. Stati d’animo raccontati dall’amata figlia Anita-Stefania (Livia Rossi), rimasta con lui fino alla fine e dal cui sguardo si scorge ancora oggi il male fatto al padre.

Rabbia, incredulità, rassegnazione mista alla voglia di combattere, diligenza, ma anche tanta debolezza rivivono in un Pierfrancesco Favino reso perfettamente somigliante al “Ghino di Tacco”, come lo soprannominò nel 1986 l’allora direttore di Repubblica Eugenio Scalfari, dal make-up artist da premio Oscar Andrea Leanza.

La storia di un uomo. Lenta, silenziosa, crudele.

Ebbene ce la presenta così Amelio, con estrema lentezza, come se ci volesse svelare una volta per tutte la verità. La sua verità, quella di Craxi. Ora la dice, ora la svela, ora la rivincita arriva pensiamo davanti allo schermo!

E invece no, nemmeno alla fine, nemmeno quando Fausto (Luca Filippi), che ha ucciso suo padre trasformando il ladro in martire come piace a noi italiani, la videocassetta della verità la tira fuori.

Eh no! Questo non accade, alla consegna segue infatti la fuga. Semplicemente perché la verità noi la conoscevamo, anzi la conosciamo.

Anche oggi. Anche quando ce la sbattono in faccia tutti i giorni. Perché noi siamo i furbi italiani di allora, quelli che un colpevole sul quale puntare il dito per coprirsi gli occhi, lo trovano sempre.

Maria Pettinato

Quello femminile è un universo straordinario, dotato di forza, talento ed energia. Eppure non sempre noi donne comprendiamo sino in fondo quello che si nasconde dentro di noi.

Una mancanza di consapevolezza che si presenta ancor più di fronte a momenti di sconforto, in cui la nostra autostima è a terra, magari a causa di una giornata no a lavoro, del ciclo che intacca notevolmente i nostri ormoni, o magari ahimè a causa dell’uomo sbagliato.

Perché diciamoci la verità… quando un uomo colpisce la tua autostima non è quello giusto!

Ma questo noi facciamo fatica a capirlo e quindi perdiamo tempo dietro a vera e propria futilità, senza renderci conto di quello che noi donne siamo in realtà.

Già solo con il fascino interiore che ci caratterizza potremmo comandare il mondo! Figuriamoci cosa potremmo fare se lo associassimo alla nostra energia, alla nostra essenza, alla nostra forza!

L’unione di queste qualità ci porterebbe a raggiungere tutti i nostri obiettivi, anche quelli che apparentemente ci sembrano impossibili da raggiungere, compreso l’uomo che pensiamo sia quello dei nostri sogni. Anche se in realtà… poi da donne determinate e consapevoli ci domanderemo: ma è davvero lui l’uomo dei nostri sogni?

Ecco cosa traspare da un romanzo che ho letto recentemente, la storia che ogni donna dovrebbe leggere, non solo perché appassionante, ma anche perché capace di aprire in noi la curiosità necessaria per conoscerci fino in fondo e comprendere così quello che siamo in realtà: pura forza.

Mi riferisco a La profezia della curandera di Hernàn Huarache Mamani (titolo già apparso in un precedente articolo de L’Artefatto che potrete leggere cliccando qui!), un romanzo così vero e indubbiamente così intrigante che voglio spiegarvi di cosa si tratta più approfonditamente.

È la storia di Kantu, una giovane donna indigena dotata del potere della veggenza dal giorno in cui un fulmine la colpì cambiando totalmente la sua vita. La paura, gli ottimi referti medici agli esami a cui si sottopone per dare una spiegazione a ciò che le è accaduto e l’emarginazione successiva la spingono con titubanza, su consiglio della madre, ad andare da un curandero, Don Anselmo, il quale le spiega come in realtà il suo sia un dono e non un fardello. Nonostante ciò Kantu decide di rifiutarlo e di tornare alla sua vita all’occidentale.

Nel frattempo conosce e s’innamora di Juan, il quale attratto da lei solo fisicamente, non prova gli stessi sentimenti della donna che per lui avrebbe abbandonato gli studi universitari oltraggiando la sua dignità e i suoi progetti. Da lì una vera e propria fuga dell’uomo, un classico direte voi!

Ma quello che generalmente per una donna innamorata significa distruzione, per Kantu si rivelerà una benedizione. Perché è proprio da questo momento che nasce in lei la volontà di riscoprire quel potere che aveva cancellato, pur con l’intento iniziale di riconquistare l’amato, e di avviare il viaggio alla scoperta di se stessa, che è il vero e proprio protagonista di un romanzo, che per l’appunto può definirsi la scoperta della forza insita in ognuno di noi!

Un testo capace di dimostrarci che è possibile trovare in noi stesse il coraggio e la volontà per cambiare il nostro destino, facendo di ogni dolore, di ogni solitudine, di ogni tristezza, un mondo di gioia, di amicizia e di pienezza.

La sofferenza è ciò che ci aiuta a comprendere chi siamo, cosa realmente vogliamo e che siamo dotate di qualità inimmaginabili fino al momento in cui prendiamo davvero la consapevolezza della nostra importanza.

La profezia della curandera è perciò un manuale per riscoprirci, per vivere davvero come donne con i nostri punti di forza, ma anche con le nostre debolezze che in realtà sono belle, perché care lettrici lo ripeto, il difetto in realtà è bellezza ed energia.

Ed è proprio quando questa consapevolezza vince il “vittimismo al femminile” che ahimè in Occidente ci attanaglia non poco, che finalmente ci vediamo belle, sicure, attraenti e gioiose.

Quindi… forza donne! Domani in libreria…

Maria Pettinato

Il 7 dicembre, nell’elegante location dell’Aula Magna del Green Park Pamphili, Maurizio Bianucci è stato premiato come “Attore in carriera” al prestigioso Premio Vincenzo Crocitti 2019, giunto alla VII edizione. Quest’anno l’evento si è contraddistinto per l’assegnazione del “Premio alla Carriera” al regista Francesco Nuti.

Grande emozione e soddisfazione per Bianucci, che nella prima stagione della serie Suburra ha vestito i panni del Consigliere Gramini e che per tale ruolo è stato notato dagli organizzatori del premio.

«Un premio è sempre inaspettato» racconta Bianucci «questo in particolare mi riempie di gioia, perché arriva a conclusione di un momento molto produttivo per me e ne apre uno nuovo».

Maurizio Bianucci, infatti, è nel cast del film di prossima uscita nelle sale cinematografiche L’amore a Domicilio insieme a Miriam Leone, con la regia di Emiliano Corapi.

L’amore per l’arte da sempre lo contraddistingue; egli, infatti, si dedica non solo alla recitazione ma anche alla musica e all’insegnamento. Esordisce come attore nel 1990 per un piccolo ruolo in Quelli del Collage, serie tv su Italia 1.

Successivamente si dedica alla musica, esibendosi come cantautore e chitarrista. L’amore per la recitazione, tuttavia, è sempre vivo in lui e nel 2000, dopo aver condotto laboratori teatrali riservati ad adolescenti, riapproda sulle scene come protagonista in La Scoperta de l’America, poema in romanesco, Emigranti di S. Mrozek e molti altri. Continua, negli anni, la sua attività in teatro, in spot televisivi, in cortometraggi e in serie tv.

Il 2017 è l’anno del suo consolidamento: approda, infatti, nella serie Suburra e negli anni successivi recita nelle fiction L’Aquila – Grandi Speranze con la regia di Marco Risi, in Aldo Moro – Il Professore con la regia Francesco Miccichèe ne La Compagnia del Cigno con la regia di Ivan Cotroneo.

Il prossimo film, in uscita al cinema, L’amore a domicilio è l’attesissimo nuovo progetto di Maurizio Bianucci, che con il suo talento e il suo ecclettismo si sta ritagliando sempre più un ruolo di rilievo nel panorama artistico italiano.

Comunicato stampa di Miriam Bocchino, L’Altrove Ufficio Stampa