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Si è appena concluso il 69º Festival della canzone italiana portando via con sé il clima elettrizzante che ha la capacità di fare aleggiare nell’aria. E come ogni anno Sanremo è stato oggetto di critica, positiva o negativa che sia. L’Artefatto ha deciso di parlarne alla fine presentandovi un articolo che andasse non solo a “criticare” il trampolino di lancio della canzone, ma anche quello che il Festival rappresenta per noi spettatori.

Sanremo è infatti la nostra tradizione, il nostro costume. Non è solo “gara”, ma è l’Evento che unisce, elettrizza, emoziona, incuriosisce perché rappresenta il talento e quindi la cultura. E lo è rimasto nonostante i cambiamenti che lo hanno caratterizzato andando di pari passo con la società, con le nuove generazioni perché Sanremo è anche questo: lo specchio della nostra Italia.

Cambiamenti dai più non condivisi, in quanto deterioranti per una manifestazione che dalla sua nascita si è sempre orientata sui valori fondanti del talento, della serietà e dell’eleganza. Variazioni per lo più musicali legate ai “cantanti del web” a mio avviso troppo presenti in questa edizione anche se, nella maggior parte dei casi, privi della genialità necessaria per potervi partecipare.

Sanremo in fondo fino a pochi anni fa era il palco delle opportunità, ma solo per pochi, per chi lo meritava veramente perché offriva testi veri e significativi e musiche intense che sarebbero rimaste nel cuore e nell’orecchio della gente.

Questa mancanza ha suscitato nella maggior parte degli spettatori un sentimento di nostalgia per il vecchio Festival, quello tradizionale, quello dei Grandi della musica. Sanremo 2019 infatti sarà ricordato non tanto per i cantanti in gara – se non per alcuni da definirsi esperti nel settore musicale (Paola Turci, Francesco Renga, Loredana Bertè, Negrita, …) – ma per i suoi ospiti, senza dimenticare ovviamente un’orchestra di grande importanza.

Eccezionali a tal proposito sono state le interpretazioni di Antonello Venditti, Umberto Tozzi e Raf, Giorgia, Luciano Ligabue, Andrea e Matteo Bocelli, Eros Ramazzotti, Fiorella Mannoia, Elisa, Marco Mengoni, i quali sono riusciti a trasmetterci quella che realmente è musica perché portatrice di emozione. Garanzia data dalla reazione del pubblico dell’Ariston, totalmente coinvolto da queste esibizioni.

E conferma è data da una Bertè con Cosa ti aspetti da me, da considerarsi la vera vincitrice e non solo dell’Ariston come definita da Bisio, ma come cantante, come donna e come sorella. Lo hanno dimostrato i fischi del pubblico a suo favore, ma anche l’omaggio e le scuse da parte di tutti noi alla grande Mia Martini attraverso Serena Rossi che ha interpretato direi eccezionalmente Almeno tu nell’universo.

Poco convenevole può considerarsi la decisione di portare sul palco ventiquattro cantanti in quanto questo ha reso difficoltosa la concentrazione e quindi la comprensione dei brani da parte di uno spettatore responsabile per il suo compito di votante. Scelta bocciata peraltro dallo stesso direttore artistico come ha specificato lui stesso in conferenza stampa.

Per quanto riguarda i tre presentatori degna di nota, anche se in contrasto con gli altri pareri critici, è la figura di Claudio Bisio il quale dopo una prima puntata un poco impacciata è riuscito a offrirci una conduzione umile e dotata di semplicità rendendo vera questa edizione. Mi aspettavo invece una dinamicità e una freschezza maggiori nella presentatrice Virginia Raffaele, forse un po’ oscurata da un Claudio Baglioni troppo ingessato.

In conclusione c’è da dire che Sanremo 2019 non può definirsi il Festival della bravura, ma quello della nuova cultura musicale che, come dimostrano la vittoria di Mahmood con un brano scontato come Soldi, e la partecipazione di cantanti come Achille Lauro, per citarne uno tra i tanti, apprezza la banalità da definirsi per certi aspetti volgarità.

Nonostante i pareri contrastanti comunque anche quest’anno il Festival è stato il protagonista culturale indiscusso e lo testimonia il fatto che se ne è parlato, se ne parla e lo si continuerà a fare per le prossime settimane, quindi l’obiettivo è da dirsi raggiunto.

Maria Pettinato

Author: Maria Pettinato

Maria Pettinato, Laureata con Lode in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo e in Scienze dello spettacolo presso l'Università degli Studi di Genova (Facoltà di Lettere e filosofia). Nel 2013 pubblica il libro “Potere e libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)”. Si dedica quindi ad alcune esperienze in campo giornalistico ed editoriale, e nel 2019 decide di avviare L’Artefatto, un progetto culturale, al tempo stesso dinamico e critico.  

One Reply to “Il 69º FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA: lo specchio della nostra Italia”

  1. Maria Pettinato says: 10 Febbraio 2019 at 22:02

    Ciao Marina,
    assolutamente d’accordo su Cristicchi. “Abbi cura di me” è senza dubbio poesia. Il podio lo meritava tutto insieme a Loredana Bertè e a Paola Turci secondo me. Per me hanno vinto loro… Grazie mille per il tuo commento😊

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