Loading...
Cerca

Sanremo si è concluso da ormai tre giorni, ma nonostante ciò si continua a parlare di questo evento come se fosse ancora presente e com’è giusto che sia.

Alcuni, riferendosi all’evento dell’anno, parlano di fenomeno trash, altri del ritorno del festival di “noi altri”, quello che non si vedeva più da tempo, altri ancora ne hanno un ricordo negativo soprattutto per ciò che riguarda i vincitori, da Diodato a Leo Gassman per la Categoria Giovani.

Tutti quindi, chi in un modo, chi in un altro, ne parlano e questo, che lo si voglia o no, significa che Sanremo anche quest’anno ce l’ha fatta!

Con questo articolo ho deciso di non parlarvi di ciò che è andato o non andato dal punto di vista critico-giornalistico. Voglio parlarvi di chi a mio avviso ha vinto! E voglio farlo da telespettatrice indicandovene quattro di vincitori…

Sul podio ovviamente la coppia Amadeus-Fiorello, o semplicemente due amici che trentacinque anni fa si immaginavano un giorno i conduttori del Festival della canzone italiana. Grazie a loro ha vinto il “rapporto” in tutta la sua essenza, spontaneo, divertente. Finalmente una lodevole amicizia in scena come ha dimostrato l’occhio lucido che spesso ha colpito Fiorello ammirando l’amico fraterno e viceversa.

E poi c’è Rita Pavone, vincitrice non solo per un brano eccezionale a livello musicale e testuale, ma anche e soprattutto perché è venuto fuori dalla sua grinta e dalla sua vitalità il carattere della cantante dal punto di vista artistico. Non è il Ballo del mattone il protagonista, ma questa volta è Rita Pavone con Resilienza 74, una canzone che dice tanto, che vuole comunicare il talento eccezionale di un’Artista con la A maiuscola, scritto peraltro da suo figlio Giorgio Merk. E allora una domanda sorge spontanea… ma non è che ha fatto un po’ paura questo brano? Un conto è infatti il Ballo del mattone, un conto è una cantante settantenne che le giovani cantanti di questo festival, le ha schiacciate sotto ogni aspetto artistico.

Ma il vincitore indiscusso di questo festival è Piero Pelù, non solo per ciò che lui rappresenta da sempre, il cantante rock della nostra Italia, ma soprattutto per una canzone-poesia, Gigante. Il testo parla infatti di bambini, i suoi bambini nipoti, i bambini conosciuti nei carceri minorili e i milioni di bambini uccisi durante l’Olocausto. Bambini giganti, che si affacciano alla vita muovendo i primi passi, ma anche bambini che rinascono, chi perché vuole cambiare ribellandosi alla vita offerta magari dalla propria famiglia, chi perché vive nella nostra memoria storica.

Artisti degni di rimanere impressi nella mente perché hanno vinto per qualità, spontaneità e talento. Aspetti trionfanti nel millennio della “bruttezza ammirevole”.

Maria Pettinato

Author: Maria Pettinato

Maria Pettinato, Laureata con Lode in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo e in Scienze dello spettacolo presso l'Università degli Studi di Genova (Facoltà di Lettere e filosofia). Nel 2013 pubblica il libro “Potere e libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)”. Si dedica quindi ad alcune esperienze in campo giornalistico ed editoriale, e nel 2019 decide di avviare L’Artefatto, un progetto culturale, al tempo stesso dinamico e critico.