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EUROPA

La trasferta europea del gruppo storico di Fluxus aveva creato nuovi contatti, che daranno in seguito il loro contributo, con realtà molto diverse da quella americana, crogiolo di moltissime esperienze che lì si incontravano.

Il clima sociale europeo si presenta più “ristretto” in tradizionalismi radicati e chiuso negli angusti ambiti nazionalistici, ma per certi versi è più “rilassato” di quello d’oltreoceano, anche se non tarderanno a maturare i frutti di scompensi ideologici e sociali profondi legati ai veloci cambiamenti dell’industrializzazione.

L’Europa occidentale sta attraversando un periodo economico “felicemente consumistico”, pur tra forti divisioni politiche nelle strategie nazionaliste che tuttavia registrano ora le prime aperture. Lo spauracchio del socialismo reale viene vissuto da vicino quindi con più realismo rispetto all’isteria collettiva che il confronto ideologico provoca nel lontano continente americano.

L’Europa orientale è chiusa strettamente nelle maglie dei regimi comunisti, di conseguenza anche le espressioni artistiche vengono strumentalizzate alla logica partitocratrica. L’eredità delle Avanguardie storiche è raccolta solo da alcune, per altro fertili, sacche di dissidenza costretta ad operare clandestinamente e che tuttavia riescono a mantenere i contatti con gli ambienti culturali d’oltre cortina.

Le posizioni della critica ufficiale e degli studiosi nell’Europa dell’era industriale sono ancora attestate in roccaforti dove la richiesta di continuità nel prodotto ideologico e artistico di un mezzo secolo già ricco di contraddizioni e stimolanti eventi, è ovviamente di difficile soddisfazione. Per cui il rifugio logico rimane una sterile rilettura del “glorioso passato”, con infruttuosi evacui tentativi di “recuperi selettivi”.

In questo contesto tuttavia gli ambienti artistici non solo sono pronti a ricevere quei messaggi pregnanti dell’indeterminatezza che avvolgono il fare nel “Flusso”, ma già hanno creato premesse linguistiche molto vicine alle intenzionalità insite in slogan come: “l’Arte è facile” o “tutto è Arte, tutti possono farla”.

Se infatti, come abbiamo già avuto modo di constatare, le istanze dada sono state alla base dell’evoluzione Fluxus, ancora prima esistevano i presupposti per una trasformazione radicale dell’Arte nel suo senso etico ed esistenziale.

Umberto Boccioni nelle teorizzazioni sul “tempo nuovo” dell’Arte, in Estetica e Arte futuriste dichiarava: «Verrà un tempo forse, in cui il quadro non basterà più […]Altri valori sorgeranno, altre valutazioni, altre sensibilità di cui non concepiamo l’audacia […]Usciamo forse dai concetti tradizionali di pittura e scultura che imperano da quando il mondo ha una storia? Giungiamo alla distruzione dell’Arte come è stata intesa sino ad oggi? Forse! Non lo so! Non è importante saperlo».

Il rapporto multimediale, i collegamenti tra prodotto artistico -o più propriamente prodotto di pensiero- e vita, e quotidianità del pensiero stesso, azione ed oggettualità trovano negli anni ’40 e ’50 risposte che, pur partendo da posizioni filosofiche diverse, con motivazioni e per molti aspetti risoluzioni diverse, approdano ad una tipologia comportamentale analoga all’imprinting del Fluxus.

Inoltre il “collettivo” nell’azione del movimento americano si fondava sulla valorizzazione e collaborazione del “individuale”, per cui non precludeva nessuna diversità di espressione, aumentando anzi il suo aspetto di sintesi globale del pensiero di un’intera epoca.

Esperimenti di coinvolgimento del pubblico nell’azione scenica, di teorizzazione di una “estetica alternativa” (Isidore Isou), di progettazione di “opere in progress” vengono compiuti in questo periodo da movimenti come il lettrismo, i cobra, che nel ’49 presentano “oggetti semplici” in una mostra (L’object à travers les ages) tenuta a Bruxelles, l’Internazionale Situazionista e altri, come pure da parte di singoli ricercatori come Piero Manzoni, Lucio Fontana, Heiz Marck, Otto Piene, nonché da tutta l’area della Poesia Visuale italiana, che sviluppa l’aspetto fonetico ed i legami tra immagine e concetto tra suono e scrittura.

Situazioni artistiche eterogenee, complesse e costituite concettualmente secondo criteri di espansione dello specifico dell’arte e del ruolo dell’artista, contribuiscono alla formazione di quei personaggi che agiranno poi attivamente per coinvolgere la cultura europea nello spirito di Fluxus, ma anche alla individuazione delle diversità sia pragmatiche che intellettuali esistenti.

Già a Colonia abbiamo visto svilupparsi un fitto tessuto di ricerca, da cui emergono varie personalità ed anche divergenti posizioni. L’assunto musica-azione che costituisce il perno della costituzione del gruppo tedesco, non soddisfa pienamente Wolf Voistell, il quale vede nell’azione l’elemento di importanza primaria che sviluppa poi nei suoi decoll/ages e TV decoll/ages, sperimentando metodi di divulgazione elettronica dell’immagine.

Parallelamente artisti come Joseph Boys trovano nella sofferta creazione oggettuale, nella parafrasi simbolistica risposte concrete al bisogno di trascesa catartica insito nella scelta di vita che l’Arte comporta.

Anche per il francese Ben Vautier, vicino alle teorizzazioni lettriste, di cui ammette le influenze esercitate sul suo lavoro, ma dalle quali presto si staccherà, il binomio arte-vita è inscindibile. E di questo binomio è parte concreta l’oggetto. L’oggetto che però esista già, l’oggetto di consumo o di recupero, attraverso cui confrontare la propria singolarità di artista all’interno della vita stessa.

Quindi «appropriarsene, firmando tutto quanto già non lo sia stato», in un “fagocitare” e rendere poi come proprio un concetto, un prodotto, il nulla. Il rapporto “casuale”, l’appropriazione della casualità fermata in un momento qualunque del suo manifestarsi e riproposta come “opera” in quanto tale, è alla base del lavoro di Daniel Spoerri, presentato per la prima volta a Parigi nel 1960 in occasione del Festival d’Avan-Gard.

Sul fronte italiano è ancora la musica a legare le esperienze. È il caso della “mutica” di Gian Emilio Simonetti, consistente in “percorsi” casuali su spartiti musicali; o per le ricerche musicali di Giuseppe Chiari, la “musica senza contrappunto”, per “scoprire l’intima qualità formale e musicale degli oggetti”. Ma avremo modo in seguito di puntualizzare meglio l’apporto di ogni singolarità artistica all’interno di questo eterogeneo gruppo costituente il Fluxus.

L’esperienza europea porterà Maciunas ad organizzare, dopo il suo ritorno in America, una vera e propria rete di divulgazione, autogestita e divisa in settori, dove Fluxus nord sarà Per Kirkebi a Copenhagen, Fluxus sud: Ben Vautier a Nizza, Fluxus est: Milan Knizak a Praga, Fluxus ovest: Ken Friedman in California e lo stesso Gorge Maciunas nella sede di New York. Contemporaneamente ha inizio la terza fase del fenomeno Fluxus, che sarà la fase della produzione e divulgazione di oggetti, di multipli e di films.

AMERICA

La straordinaria dinamica dell’assunto “associazionistico” di Fluxus, del tutto scevra di rigidità, caratterizzata da una costante e totale, anzi determinante diversità, si pone in senso sociologico oltre le istanze storiche che, seguendo cronologicamente, segneranno indelebilmente la sfera del sociale.

Se infatti i grandi movimenti di massa come il Beat, l’Hippysmo, il Femminismo ecc., che conferiscono attivamente corpo e voce al malessere sociale non più contenibile sul finire degli anni ’60, hanno come tendenza ideologica nella ricerca di una libertà tanto agonista, quanto effimera, “l’indipendenza” di Fluxus si pone al di là degli eventi contingenti pur facendone parte, in un’ottica di accettazione e confronto costruttivo con la “diversità” che, creando i suoi spazi ed intervenendo come “media” parallelo diviene modo per accedere ad una unità ed insieme libertà molto più ampie.

Queste caratteristiche che solo oggi vengono espresse e riconosciute ampiamente, hanno tuttavia comportato per l’ambito Fluxus un crescente scontro con istituzioni ed autorità poco inclini ad accogliere le sempre più pressanti istanze sociali.

Nel 1964 Maciunas assume la direzione esecutiva dell’A.A.C.I., ufficio per l’azione contro la cultura imperialista, che si prefigge si svolgere azioni di denunzia e di disturbo pacifico contro tutte quelle manifestazioni promosse dalla cultura ufficiale e tese alla conferma e celebrazione dello status per cui l’Arte rimaneva un fenomeno elitario, difficile, serioso, non contaminato da influenze impure, da gerghi marginali.

La seconda azione dell’A.A.C.I. viene espressa l’8 settembre di quello stesso anno con un picchetto davanti al Judson Hall di New York in cui doveva venire eseguito Originale di Karlheinze Stockhausen.

Al compositore tedesco si contestavano le sue posizioni denigratorie nei confronti del jazz, ritenuto da lui, durante una conferenza tenuta ad Harward nel 1958, un’espressione musicale inferiore in quanto incolta e troppo viscerale; nonché il suo inserimento all’interno della cultura ufficiale della Germania Occidentale come «elemento decorativo dell’elitismo reazionario», secondo quanto sosteneva Henry Flint.

In questo periodo Fluxus, pur tra enormi difficoltà di rapporti con le strutture di potere, sembra aver acquistato una certa stabilità organizzativa. Dal 1963 al 359 di Canal Street in New York, si costituisce la Fluxus-Hall in cui, malgrado la ristrettezza dello spazio, vengono svolte le performances, si riunisce il gruppo teorico, si dà vita a rappresentazioni, si costruiscono oggetti Fluxus, si elaborano pubblicazioni e films.

George Maciunas produce la maggior parte dei progetti portati a compimento e anche se quelli realizzati costituiscono solo una piccola parte delle idee espresse, la mole di lavoro è enorme.

Fatti a mano uno per uno da Maciunas stesso sono poi distribuiti a chi ne fa richiesta o fatti circolare gratuitamente durante le performances. Fluxus arriva anche ad avere una carta intestata dove sono enunciate le “diramazioni geografiche”dell’organizzazione.

Dick Higgins fonda la Something Else Press, destinata in seguito, dopo il distacco da Fluxus, a diventare una grossa impresa nel campo editoriale e divulgativo, fino a quando non si scioglieranno nel 1974.

Ma non tutto è così semplice come sembra all’interno del gruppo, infatti le discussioni e gli scontri non cessano mai di vivacizzare l’ambiente. Del resto accettati come dibattiti in ogni caso costruttivi, anche quando avranno conclusioni di distacco, come avviene proprio in occasione di Originale di Stockhausen: Nam June Paik e Dick Higgins vi parteciperanno, lasciando Flint, Maciunas, Takako Saito, Conrad e Ben Patterson a portare a termine la protesta.

Le “ambiguità ed energie divergenti” di Fluxus fanno parte del gioco non stereotipato e duttile ribadito dal movimento, gioco che deve contribuire alla non fossilizzazione delle personalità individuali, alla coscienza delle semplicità quotidiane come espressioni poliedriche e costante del divenire, il quale attraverso di esse può imparare a conoscersi ed insieme interpretare l’universalità dei bisogni e degli aspetti dell’intera Umanità, quale summa di individui, quindi l’universalità dell’Arte come “scoperta”, presa di coscienza “dell’Umanitudine”.

L’individuo è punto focale, perno centrale, non come nella concezione capitalistica di individuo forte contrapposto alle masse, ma come punto di partenza conoscitivo nelle sue semplicità e complessità per arrivare all’apertura globale.

In questo senso posso essere compresi sia l’aspetto arte-gioco che l’aspetto più propriamente sociale dell’operato di Maciunas, che costituiscono due capacità interagenti in questa interpretazione attiva del ruolo dell’arte. L’instancabile Gorge si assume l’arduo compito di coordinare le numerose attività di Fluxus a New York nei loro diversi aspetti: creativi, divulgativi e sociali.

Proprio nell’intento divulgativo per meglio far conoscere le posizioni di protesta contro “l’ufficialità” competitiva ed arrivistica del modus vigente di interpretare la Cultura, Flint e Maciunas elaborano nel 1965 la pubblicazione I Comunisti devono dare una leadership rivoluzionaria alla Cultura in cui tra l’altro si esprime come “la manipolazione di Stato delle Arti non possa trasformare una situazione per altri aspetti regressiva in una rivoluzionaria”, e come “in una situazione rivoluzionaria divenga primaria la rivoluzione spontanea in seno alla Cultura, in quanto la manipolazione di Stato della Cultura è un uso errato dell’autorità esecutiva”.

Qui si fa riferimento anche al metodo: «impadronirsi non solo dei mezzi di produzione ma anche del sistema di distribuzione del mondo dell’arte» e socialmente «distribuzione di date risorse di consumo al maggior numero di atti di consumo (trasformando in ricchezza gli uso-valori disponibili), all’intera popolazione».

Maciunas stesso si interessa attivamente alla “pianificazione sociale del consumo”, sia teoricamente, mettendo a punto un progetto di case prefabbricate che dovevano avere la caratteristica di combinare i bassi costi di produzione con una migliore qualità della vita (progetto che non avrà mai un seguito fattivo, né in Unione Sovietica per la quale era stato pensato, né negli Stati Uniti perché non conveniente alla logica di mercato), sia praticamente quando, tra il 1967 ed il 1968, organizza in Soho sette cooperative immobiliari per restaurare i grandi depositi dalle strutture in ghisa (Cast Iron Buildings), bellissimi esempi dell’Architettura Funzionalistica.

L’impegno è enorme, tanto da far sfiorare la morte a Maciunas che si salva a stento da un’aggressione ma perde irrimediabilmente l’uso di un occhio.

La gestione cooperativa degli immobili consente di limitare notevolmente le spese individuali e di mettere in atto altre idee. Sorge all’80 di Wooster Street la filmmaccher’s film library diretta da Jonas Mekas, grande spazio, luogo Fluxus di pubblico incontro dove vengono presentati nuovi spettacoli come: Orgien Mysterien Theater di Hermann Nitsch, uno dei maggiori rappresentanti del tormentato Viener Aktionismus austriaco, o i primi spettacoli di Ontological-Hysteric Theater di Foreman.

Vengono prodotti e pubblicati films e video con il corposo contributo di Shigeko Kubota, soprattutto quando lo spazio nel 1974 cambierà nome assumendo quello di Anthology Film Archivies.

(to be continued)

Cristina M.D. Belloni

Author: Maria Pettinato

Maria Pettinato, Laureata con Lode in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo e in Scienze dello spettacolo presso l'Università degli Studi di Genova (Facoltà di Lettere e filosofia). Nel 2013 pubblica il libro “Potere e libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)”. Si dedica quindi ad alcune esperienze in campo giornalistico ed editoriale, e nel 2019 decide di avviare L’Artefatto, un progetto culturale, al tempo stesso dinamico e critico.