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È un’attesa scalpitante quella per l’uscita della seconda versione cinematografica di Diabolik diretta dai Manetti Bros, programmata per la fine del 2020.

Ebbene sì, perché Diabolik ha accompagnato intere generazioni e perché, nonostante le sue avventure sfidino i limiti legislativi, lui è un vero e proprio vip, uno di quei personaggi che entrano nella mente e nel cuore del lettore-spettatore e difficilmente vi escono.

È difatti nato nel 1962 quando le sorelle Angela e Giuliana Giussani, fondatrici della casa editrice milanese Astorina, ce lo hanno presentato sotto forma di fumetto garantendogli da subito un successo strepitoso.

Fama confermata dall’omonimo film in pieno stile sessantottino con tanto di spirito pop art, futurista e psichedelico diretto nel 1968 da Mario Bava.

Ma arriviamo al dunque… Diabolik, uomo misterioso, autorevole, sfuggente, sarebbe davvero quel Diabolik senza Eva Kant?

Ho sempre pensato, sin da bambina quando ogni settimana era tappa fissa in edicola a comprare il mio giornalino preferito, che in realtà la vera protagonista fosse indubbiamente Eva, femme fatale del fumetto italiano, dotata di fascino irraggiungibile, razionale, ma allo stesso passionale, abile nel gestire il marito e la sua temerarietà.

Questo personaggio, nato nel 1963, ha in realtà una storia precedente all’incontro con Diabolik, importante per comprenderla e giustificare il suo spirito di vendetta.

Figlia illegittima di Lord Rodolfo Kant, passa la sua giovinezza in un orfanotrofio, consapevole del fatto che la sua vita un giorno sarebbe cambiata, come dimostra la successiva fuga in Sud Africa e la carriera di spia industriale.

Prime immagini di Miriam Leone nel set di Diabolik dei Manetti Bros

La volontà di ritorsione viene fuori nel momento in cui scopre che, ad avere ucciso il padre, vittima di un intrigo familiare, ci ha pensato il cugino Anthony Kant che ingannato, sposa la stessa Eva. Un matrimonio concluso con l’omicidio di quest’ultimo per mano di una pantera nera inviata dalla stessa Kant.

Diabolik diretto da Mario Bava

Un racconto pragmatico legato a una donna cresciuta sola e per questo determinata e carismatica. Una personalità forte, apparentemente capricciosa e forse futile inizialmente, ma in realtà complessa intellettualmente e perciò autonoma nelle sue scelte e nelle sue azioni, viene fuori come tutti i protagonisti che si rispettino.

Marisa Mell nel ruolo di Eva Kant in Diabolik (1968, Mario Bava)

Non mancano infatti occasioni in cui è lei a muovere le redini, ad agire razionalmente, dimostrando sicurezza ed emancipazione dal marito.

E per questo è lei a salvarlo in varie occasioni, ma soprattutto a progettare azioni dalle quali emergono sfumature malvagie, ancor più diaboliche rispetto a quelle del re del terrore, Diabolik appunto, frutto della freddezza emotiva che la caratterizza.

Ma che la rende anche inevitabilmente perfetta non solo nel modo di agire, ma anche nella sua sensuale fisicità. Eva è infatti atletica, bella, curata, dai tratti nordici e con un cognome tedesco, diva si suol dire come dimostra la somiglianza alle più famose attrici degli anni Sessanta, partendo da Grace Kally per citarne una, alla quale le sorelle Giussani si ispirarono per la sua creazione.

Una bellezza intrigante e passionale, capace di travolgere Diabolik, attratto ovviamente da una donna di questo genere, capace di mantenere acceso il loro rapporto che è complice e duraturo e perciò spesso invidiato.

Legame moderno che attesta lo spirito innovatore degli anni Sessanta, in cui lei non è remissiva e nascosta dietro l’autorevolezza di un uomo come lui, ma è al suo stesso livello, se non addirittura più ingegnosa, ladra impeccabile e complice amante.

Caratteristiche non facili da interpretare, ma che sicuramente Miriam Leone, protagonista del prossimo Diabolik, riuscirà a presentarci impeccabilmente, non solo perché sensuale per natura, ma anche e soprattutto grazie alla già dimostrata bravura attoriale.

Maria Pettinato

Author: Maria Pettinato

Maria Pettinato, Laureata con Lode in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo e in Scienze dello spettacolo presso l'Università degli Studi di Genova (Facoltà di Lettere e filosofia). Nel 2013 pubblica il libro “Potere e libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)”. Si dedica quindi ad alcune esperienze in campo giornalistico ed editoriale, e nel 2019 decide di avviare L’Artefatto, un progetto culturale, al tempo stesso dinamico e critico.